Il digitale opera nella simbiosi tra tecnologia e biologia. Tale simbiosi è caratterizzata sia da una dimensione atemporale e universale, sia da modalità storicamente situate (casuali o meno).
La sintesi tra tecnologia e biologia può essere intuita riflettendo sulle argomentazioni relative ai modi della nascita della vita nella terra che la scienza ci propone da tempo attorno alla formazione e alle dinamiche del DNA.
Questo, sia considerando la “potenza” attuale dell’IoT e in generale degli esiti dell’intelligenza artificiale, sia le attuali espansioni della computazione genetica. Che anche il DNA può essere utilizzato per computare l’osmosi tra tecnologia e biologia mi sembra del tutto evidente.
Che ne è dell’arte in questo insieme nel tempo e nel senza tempo?
Non è possibile provare a dire (e sarebbe contraddittorio rispetto a questo ragionamento sul digitale) quale arte o immaginare una sorta di manifesto dell’arte futura. Questo era nel tempo della Avanguardie storiche. Posso pero indicare sintomi e questioni.
Emergendo il tutto tra tecnica e vita, l’arte a sua volta sarà ovunque, partecipando dei continui processi di ritorno all’identico e anche di apertura al possibile. Essa inoltre tenderà a liberarsi dell’idolatria dell’autore.
Tornerà così ad una condizione iniziale, antropica e meta-culturale. Essa peraltro andrà oltre l’idolatria alla quale l’ha consegnata il modo di produzione industriale (la sua museificazione).