Alle prese con la pandemia del Covid 19 i governi non si impegnano a sufficienza per frenare le conseguenze del riscaldamento globale.
Gli incendi nella foresta amazzonica
La foresta pluviale amazzonica si è ormai in parte trasformata in una sequenza di praterie tipiche della savana, interrotte da piccoli boschi. Nel mese di settembre circa 32.000 focolai hanno ridotto in cenere una quantità di alberi e vegetazione, superiore del 61% a quanto era stato distrutto nel 2019 nello stesso mese. In Brasile il presidente della repubblica Jair Bolsonaro in agosto aveva inviato l’esercito per contenere le fiamme, ma qualche tempo dopo ci ha ripensato e ha abbandonato l’impresa. I dati purtroppo fanno pensare che buona parte dell’area che veniva denominata il “polmone verde del pianeta” andrà perduta per sempre.
Il riscaldamento globale e lo studio dello Stockholm Resilience Centre
Secondo uno studio dello Stockholm Resilience Centre, il 40% della foresta pluviale si trova già al punto di non ritorno. Ciò accade non soltanto per la colpevole inadempienza delle istituzioni riguardo alla conservazione dell’ambiente, ma anche per il meccanismo di autoalimentazione che si è innescato a causa dell’innalzamento della temperatura. In pratica la foresta pluviale nasce da un equilibrio delicatissimo fra precipitazioni, umidità del suolo e dell’aria e temperatura. Quando tale equilibrio è ideale, precipitazioni, calore e umidità si bilanciano reciprocamente. Ma con il riscaldamento globale gli alberi sono molto più secchi e quindi più infiammabili e vulnerabili agli incendi, i quali, a loro volta, innalzano la temperatura. Nel 40% dell’Amazzonia il circolo virtuoso naturale che metteva insieme abbondanti piogge, pochi incendi e rigenerazione della foresta si è interrotto e ci sono ben poche probabilità che possa rinascere.
Stato di catastrofe nazionale in Bolivia
In Bolivia è stato proclamato lo stato di catastrofe nazionale perché, nel solo mese di settembre, sono stati distrutti 2,3 milioni di ettari di foresta, che si aggiungono ai 6,4 del 2019. Ma Brasile e Bolivia sono solo due degli Stati che affrontano il problema. Sono nove i Paesi in cui la Nasa ha individuato 28.892 incendi attivi, dei quali il 15% scoppiati in agosto e il 62% in settembre. Le fiamme hanno divorato anche negli Usa migliaia di ettari di foreste, come anche in Siberia e in varie zone dell’Africa. Le preoccupazioni degli scienziati a questo punto riguardano le conseguenze di cambiamenti di una portata tale che l’uomo civile non ha mai affrontato e che potrebbero porre problemi di difficile soluzione.