Intervista a Mario Conserva segretario generale di FACE (Federation of Aluminium Consumers in Europe), direttore della rivista A&L Alluminio e Leghe, presidente di METEF, manifestazione espositiva di rilevanza mondiale dedicata all’alluminio.
L’alluminio è il metallo più utilizzato al mondo dopo l’acciaio. La produzione mondiale 2019 di alluminio primario, realizzato a partire dall’allumina ottenuta dal minerale di partenza bauxite, si è attestata a poco più di 64 milioni di tonnellate. Tanto per dare un parametro, nel 1950 non eravamo neppure a 5 milioni di tonnellate.
Chiamato metallo leggero per il basso peso specifico, l’industria lo utilizza per una quantità infinita di prodotti, dai semplici contenitori di bevande ai telai delle automobili; la catena di valore del metallo è alla base del sistema manifatturiero italiano ed europeo, e ora vede forte la minaccia cinese, sia per l’invasione di metallo primario ad alta impronta di carbonio e dannosa per l’ambiente, che per quella di semilavorati prodotti sottocosto. Tutto questo con gravi danni per l’ambiente e per l’economia.
Ma sentiamo in proposito al voce di uno specialista autorevole, Mario Conserva, segretario generale di Face (Federation of Aluminium Consumers in Europe) che ha sede a Bruxelles e rappresenta gli interessi dei trasformatori e dei consumatori di alluminio in Europa.
Dottor Conserva, perché l’alluminio è così amico dell’ambiente?
Le risorse della Terra sono enormemente sotto pressione. Da questo punto di vista l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici del 2015 è un successo significativo per il pianeta e i suoi abitanti. Se consideriamo oggi il valore assunto dalla sostenibilità di un materiale industriale, non c’è alcun dubbio che l’alluminio e le sue leghe occupino un posto di primo piano. Sono completamente riciclabili, il che si traduce in risparmio di risorse e salvaguardia dell’ambiente, contribuiscono all’alleggerimento in particolare di automobili e i mezzi di trasporto di ogni genere, risolvono il problema della protezione dei cibi, trasportano e distribuiscono energia, caratterizzano l’efficienza energetica agli edifici. L’alluminio e le sue leghe sono materiali del nostro futuro, vanno di pari passo con il progresso sociale e industriale di molti Paesi.
Parliamo più in dettaglio della Cina, che sta inondando il mercato con prodotti a basso costo, che pericolo si corre per il segmento dell’alluminio. In particolare, quali rischi corrono le aziende italiane ed europee e come si possono difendere?
La Cina ha portato avanti per anni una politica industriale orientata a realizzare sovraccapacità produttive nell’alluminio, così minando alla base il sistema manifatturiero europeo per sostituirsi ad esso. Alcuni studi sul settore europeo dell’alluminio, prodotti nel 2019 dall’Università LUISS di Roma su incarico di FACE, dimostrano che la gran parte dell’invasione di semilavorati di alluminio in Europa è di provenienza cinese, con prezzi scandalosamente bassi, da autentico dumping. Per questo, oggi ci complimentiamo con la recente decisione della Commissione europea, che ha aperto un’investigazione per dumping sull’import in Ue di semilavorati di alluminio dalla Cina. Si tratta di materiali come laminati e profilati impiegati in tutti I segmenti dell’industria, dall’edilizia e dalle costruzioni all’automotive, ai trasporti, all’arredamento, alla meccanica. Oltretutto, si tratta di un segmento in cui l’Italia ha una forte tradizione: insieme alla Germania siamo, da sempre, leader produttivi in Europa.
L’industria dell’alluminio dell’Ue, costituita per oltre il 90% da aziende del downstream, sta vivendo un passaggio molto importante. Deve lavorare per lo sviluppo e la crescita in condizioni critiche, oltre a tenere conto delle giuste e valide ambizioni sui temi di ambiente, clima, salvaguardia delle risorse. Ma deve anche investire massicciamente su digitalizzazione, ricerca, competitività per difendersi dalle distorsioni commerciali che rischiano di minare alla base un sistema ricco di tradizioni tecnologiche e conoscenza tecnica.
Noi di FACE crediamo che le recenti posizioni dell’Ue in tema di industrializzazione coniugata con la sostenibilità, siano assolutamente serie e responsabili. Per questo riteniamo che servano misure ancora più incisive e definitive per rinsaldare le basi della catena dell’alluminio. Le investigazioni antidumping sono un primo passo. Urgono però interventi alla radice, in particolare l’eliminazione del dazio Ue all’import della materia prima. Esso rappresenta un costo di oltre un miliardo di euro all’anno per l’industria a valle. Ci rendiamo conto di quanta ricerca e sviluppo (R&D) su impianti, leghe, tecnologie e prodotti potrebbe essere fatta da piccole e medie aziende, risparmiando un dazio sulla materia prima?
Ritorniamo ai temi ambientali: prima ci ricordava che l’alluminio cinese è prodotto con energia che spesso deriva da centrali a carbone. Quindi, alluminio amico dell’ambiente, va bene, ma il modo di produrlo non sempre lo è. Voi volete difendere il metallo pulito, l’alluminio green, e privilegiarne la diffusione. Come sono esattamente spieghi come stanno le cose?
La questione ambientale si pone in questi termini: la produzione dell’alluminio primario richiede energia elettrica (dai dodici ai quindici KWh per chilogrammo di alluminio). In alcuni Paesi, in particolare Cina e India, l’energia dipende sostanzialmente da centrali energetiche alimentate a combustibili fossili.
Per spiegarlo basta un semplice diagramma che mette in luce la differenza tra un tipo di alluminio e l’altro, in termini di emissioni. Le emissioni di carbonio da combustibili fossili creano, evidentemente, enormi costi sociali a causa dell’impatto sulla sanità pubblica, dei danni all’ambiente e degli effetti sui cambiamenti climatici. Negli ultimi venti anni, purtroppo, la maggior parte della crescita di capacità produttiva è stata ottenuta con impianti alimentati da elettricità da carbone e combustibili fossili, che generano gas serra quattro/cinque volte in più, rispetto a quelli alimentati da energia idroelettrica.
In sostanza, non tutto l’alluminio primario è uguale. La produzione mondiale annua arriva a sessantacinque milioni di tonnellate: quasi due terzi derivano da impianti alimentati con combustibili fossili. D’altra parte, molti importanti produttori stanno impegnandosi nella R&D per qualificare al massimo le doti ambientali del metallo. Al contempo molti grandi utilizzatori finali di alluminio vorrebbero utilizzare alluminio a bassa impronta di CO2 prodotto con energia rinnovabile come quella idroelettrica.
Noi di FACE riteniamo che il mondo non possa permettersi la crescita di stabilimenti produttivi di alluminio alimentati a carbone. Sosteniamo fortemente la proposta di un controllo da parte della Borsa dei Metalli di Londra (LME) per certificare il livello di impronta di carbonio del metallo primario messo in commercio, con l’obiettivo di premiare i produttori virtuosi. Fra questi ricordo tra gli altri Rusal che con il brand ALLOW produce metallo “pulito”, la norvegese Hydro Aluminium con il proprio brand REDUXA, Rio Tinto con il brand RenewAl ed Alcoa con quello ECOLUM.
Face sostiene il progetto Green Aluminium, un’opportunità per consentire agli utilizzatori di metallo leggero di selezionare prodotti e manufatti con un basso contenuto di carbonio certificato e adeguato ai desiderati standard ambientale, nell’intera catena di applicazione.
Infine, ricordo che sinora abbiamo parlato di alluminio primario, perché è la base della domanda mondiale di metallo. Ma non dimentichiamo il metallo secondario, originato attraverso il recupero e il riciclo: prodotto virtuoso, a bassissima impronta di CO2, che richiede solo il 5% di energia rispetto al primario. In più riciclabile indefinitamente, senza perdita di caratteristiche, che rappresenta un segmento produttivo nel quale il nostro Paese è, da sempre, all’avanguardia mondiale, ed in difesa del quale Face si è sempre schierata.
Quali sono le incidenze del Coronavirus sul sistema industriale e sulla catena di valore dell’alluminio?
Face, come molte altre associazioni ed istituzioni collegate al metallo leggero, ha moltiplicato l’impegno e le iniziative in questo drammatico momento per tutelare gli interessi delle PMI del downstream alluminio. Tutta l’industria europea del metallo leggero, come del resto anche tutti gli altri settori produttivi e non solo, è colpita dall’emergenza sanitaria, ed è in momenti come questo che secondo noi, mettendo ovviamente al primo posto l’attenzione alla salute, è indispensabile e urgente liberare per quanto possibile le imprese da lacci e impedimenti, in modo da restituire competitività all’intera catena di valore e spianare un percorso di sviluppo. Diciamo che, oltre alle misure straordinarie di supporto per i tempi difficili – assicurazione del credito e maggiore liquidità, finanziamenti per progetti di investimento, incentivi fiscali e prestiti agevolati – sia questo il momento migliore per realizzare sul fronte dell’alluminio la forte iniziativa sulla materia prima, cui ho accennato prima, e cioè la richiesta alla Commissione della cancellazione immediata del dazio sull’importazione del metallo grezzo in UE, cioè sulla materia prima per i successivi stadi di trasformazione e di manifattura. Un intervento che significa competitività per le imprese, semplice da definire e messaggio forte dell’abolizione di un assurdo balzello per i trasformatori e gli utilizzatori su una materia prima, l’alluminio primario, di cui l’UE e l’Italia hanno gravissima carenza produttiva.