Al Piccolo Teatro le dittature di Davide Carnevali

Al Piccolo Teatro le dittature di Davide Carnevali
Foto di Masiar Pasquali

Davide Carnevali, il suo testo sulle dittature

Ritratto dell’artista da morto (Italia ’41 – Argentina ’78)”, di Davide Carnevali, è una drammaturgia contemporanea, attuale e in continua riscrittura. Lo spettacolo, con la regia dello stesso Carnevali, è stato presentato per la prima volta alla Biennale di Monaco di Baviera e alla Staatsoper Unter den Linden di Berlino nel 2018 nella sua versione originale, data alle stampe in Italia da Einaudi.

Ora questo bel testo è la nuova produzione del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa,  di cui Carnevali è anche artista associato, ed è in scena  al  fino al prossimo 6 aprile.  Il complesso racconto è oggetto di alcune revisioni che Carnevali esegue per “vestire” al meglio l’attore della versione italiana (Michele Riondino) e il luogo dove avviene la rappresentazione attraverso dettagli storici che lo riguardano (il Piccolo Teatro). Laddove il testo arriverà, esso sarà modificato ad hoc. Cosa che a breve accadrà in Francia.

Carnevali  non esegue una riscrittura tout court e casuale del testo ma utilizza una forma di ri-creazione della Storia a partire dalle storie. Che, pur diverse nei dettagli, conducono a medesimi esiti.

Delle tre sale di cui il Piccolo dispone per la rappresentazione, lo Studio Melato è senza dubbio il luogo ideale per portare la scena al pubblico e il pubblico sulla scena. Questo elemento, previsto dalla drammaturgia, è il mezzo per ottenere la maggiore consapevolezza su quanto raccontato e la migliore verosimiglianza.

C’è di più. La forma utilizzata nella narrazione è l’autofinzione, uno stile che cattura il pubblico creando un senso di spiazzamento iniziale. Michele Riondino è leggero e spontaneo, conduce sempre più al cuore della storia, raccontandone altre da cui se ne aprono di nuove, creando un intreccio non privo di misteri e di strane coincidenze.  E senza che si possa dubitare che il suo racconto sia la verità. Merito dell’attore, ben condotto dall’autore/drammaturgo..

Tutto inizia con una lettera proveniente dall’Argentina, indirizzata all’italiano Michele Rondino, storpiatura di Riondino. Attraverso un labirintico intreccio si giunge a un musicista ebreo, passando per alcuni dettagli apparentemente insignificanti: una data, poi un’altra, il nome di un ospedale, il colore di una giacca, il marchio di un’automobile e, anche, le architetture razionaliste. I dettagli che qui non fanno la differenza. Partendo dalla dittatura argentina (1976 – 1983), con le persone scomparse, gli appartamenti confiscati, le spie e i delatori, andando a ritroso fino al Nazismo, al Ventennio: tutto è simile nonostante le storie sembrino diverse. Infatti, i totalitarismi sono tutti uguali.

“Ritratto dell’artista da morto”, le storie, la Storia il tempo e la memoria

La drammaturgia è ben interpretata da Riondino, sciolto nei panni di se stesso e nella sua biografia. Spesso nel testo di Carnevale è chiamato “commissario”, proprio quello di Andrea Camilleri, il famoso Montalbano, interpretato dall’attore in una fiction tv. Ma è la sinergia fra il testo, raccontato in prima persona, la regia dello stesso Carnevali, e tutto quanto dal testo porta all’attore e alla storia narrata e a quelle che le ruotano attorno, da fuori a dentro e viceversa, a convincere. Un’amara verità costruita per piccoli passi e con i pertinenti cambi di ritmo.

Tutto ben legato, spiegato e mostrato. È come leggere un bel libro ad alta voce sui desaparecidos argentini o sulle deportazioni naziste, col vantaggio di non dover immaginare nulla. Tutto è sulla scena, arricchita man mano di particolari e di storie strane ma verosimili. Le luci e i suoni di scena contribuiscono a rendere vivido l’orrore, la violenza e la colpa.

I fatti sono ricostruiti su piani temporali e geografici diversi ed è un bell’esercizio per gli spettatori che devono trovare il bandolo della matassa. Il pubblico è anche chiamato a entrare nel lavoro fisicamente, scendendo sulla scena disseminata di “reperti e prove”. Come accade all’interno di un museo, nel quale sono esposti pezzi della nostra Storia, quei frammenti di disumanità di cui non si deve perdere la memoria.

Ritratto dell’artista da morto (Italia ’41 – Argentina ’78)

Scritto e diretto da Davide Carnevali; scene e costumi Charlotte Pistorius; luci Luigi Biondi, Omar Scala; musiche Gianluca Misiti; con Michele Riondino. Assistente alla regia Virginia Landi; con la partecipazione di Gaston Polle Ansaldi. Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, coproduzione Comédie de Caen – CDN de Normandie, Comédie – Centre dramatique national de Reims, Théâtre de Liège.

Al Teatro Studio Melato fino al 6 aprile 2023.

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Al Piccolo Teatro le dittature di Davide Carnevali
Foto di Masiar Pasquali