Sviluppo integrale, la pace e la giustizia
Nella Svizzera italiana, la Rete Laudato si‘ (nata nel 2020), a cinque anni dalla pubblicazione dell’omonima enciclica del Papa, si è tenuto recentemente il Festival della Dottrina sociale. La Rete riunisce una quindicina di associazioni della Svizzera italiana ispirate ai principi evangelici. Il loro scopo è coordinare idee e sforzi a favore di uno sviluppo sostenibile e integrale, con attenzione alla realtà locale.
I punti fermi e condivisi
Il Festival, giunto alla terza edizione, si è svolto il 9 e 10 dicembre 2022 con l’intento di contribuire a realizzare un network sociale per la pace tra le tante realtà presenti sul territorio ticinese, dando spazio e opportunità di esprimersi a molte voci che si sono congiunte in un fermo rifiuto della guerra ovunque nel mondo, e che hanno voluto avviare processi concreti per una giustizia politica e sociale senza la quale ogni pace resta una mera utopia.
“Chiedi agli uomini se vogliano o no la pace. Tutta l’umanità, senza eccezioni, ti risponderà a una voce che se l’augura, che vi aspira, che la vuole e l’ama”. Per la prima volta, dopo la Seconda guerra mondiale, oggi in Europa si osserva che questo profondo desiderio umano è offuscato dal conflitto in Ucraina. E ci si chiede “che cosa possiamo fare” e come possiamo diventare “operatori della pace”.
La pace e la giustizia, legame secolare
A tal proposito, lo stesso Sant’Agostino, nelle sue riflessioni bibliche, ci indica la strada, aggiungendo a queste parole: “Ma allora ama anche la giustizia!”. La giustizia, dunque, è la via della pace, e per questo ciascuno è chiamato a fornire il proprio contributo alla creazione di una cultura della pace non solo per prevenire nuove guerre ma anche per trovare un modo di rispondere alle tante domande che emergono dalla guerra in atto nell’Ucraina.
I diritti umani
Da sempre, la giustizia ha trovato la sua più genuina concretizzazione nella dimensione di un diritto originario, naturale e umano, considerata di norma superiore per gli Stati e la loro politica: per tale nesso, l’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII considera il riconoscimento universale dei diritti umani come presupposto indispensabile per la pace. Non a caso, il Festival svizzero si tiene nella Giornata mondiale dei diritti umani (10 dicembre). Con la stessa enciclica, la Dottrina sociale ha iniziato a prendere le distanze dalla tradizionale dottrina della “guerra giusta” al fine di sostenere una strategia nuova per contrastare le guerre e costruire la pace: la «pace giusta».
Gli eventi al festival Ticinese per la pace e la giustizia
Tra gli eventi più significativi del festival si ricordano: quelli inaugurali delle autorità civili e religiose del Ticino, e pooi di Giovanni Bruschetti, sindaco di Massagno, del Consigliere di Stato Christian Vitta e del vescovo Alain de Raemy. Inoltre, è stato proiettato il film documentario “La Grande Sete” di Piero Badaloni. Ha fatto seguito un confronto con dibattito moderato dal Prof. Markus Krienke della Facoltà di Teologia di Lugano.
Vari dibattiti si sono tenuti anche nelle scuole elementari di Massagno con confronto tra religiosi, esponenti della società civile, imprenditori, artisti ed accademici provenienti da vari contesti internazionali. Particolare rilievo è stato dato ai testimoni di guerra, agli autori, agli attori del diritto internazionale, e a docenti ed altri operatori del mondo della scuola.
Uno degli incontri ha avuto per tema “Quale speranza per la pace in un mondo di guerra?”. Ad essoo hanno partecipato Dick Marty (già Magistrato), Olimpia De Girolamo (scrittrice), Daria Lepori (Azione Quaresimale) ed Elena Bernasconi-Tabellini (formatrice certificata dal Centro Internazionale di Comunicazione Nonviolenta).
Il festival si è concluso con una pièce teatrale dal titolo “C’era una volta la guerra“, prodotta da Emergency Ong Onlus con Mario Spallino.
Gli ospiti, esperienze a confronto
Il Prof. Markus Krienke, co-organizzatore dell’evento, ha sottolineato che un elemento qualificante della manifestazione è consistito nel fatto che gli ospiti non si sono limitati a proporre mere elaborazioni teoriche. Essi hanno anche testimoniato esperienze concrete. Come per esempio l’esperienza di giuristi confrontati nel loro lavoro con la guerra e la pace. O quella di educatori che devono affrontare questa tematica con i giovani. Ma anche i datori di lavoro che hanno fatto questa esperienza nelle complesse realtà produttive e industriali. E anche gli scrittori, che questi temi li raccontano.
Promuovere una cultura di pace e giustizia
Lo scopo del Festival è promuovere una cultura della pace in tutti i luoghi, anche dove apparentemente questa esiste. La pace, infatti, non è mai acquisita una volta per tutte, ma è piuttosto un modo di vivere e pensare che va continuamente alimentato e diffuso. La caratteristica di questi tempi è un oscuramento delle relazioni che ha come conseguenza la difficoltà a ricostruirle.
Se è vero che prima della pandemia le relazioni erano fragili, adesso non c’è solo l’eredità della precedente fragilità, ma anche una vera e propria crisi della fiducia, di cui un primo riscontro evidente – ad esempio – è a livello economico. Mai come oggi, tutti ci rendiamo conto dell’essenzialità di curare le relazioni, e in questo senso la pace si edifica grazie all’apporto di qualsiasi ambito, professione e realtà sociale.
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