I temi trattati in questa serie sono LGBT, immigrazione clandestina, violenza e abusi delle forze dell’ordine. Ma non solo, la privatizzazione degli istituti di pena, l’esclusione sociale, la transfobia, l’incapacità di uscire dalla zona di confort di certe famiglia borghesi e il sentimento di sorellanza che si sviluppa in condizioni estreme.
Una serie nata da una storia vera che ha avuto il coraggio di mettere i piedi in un piatto scottante e controverso.
Una diretta critica al mondo imprenditoriale di intendere la gestione delle carceri negli stati uniti. Una cruda fotografia dell’apparato assistenziale fatto da arrampicatori, operatori impreparati, agenti superficiali e qualcuno che invece ci crede ancora nonostante tutto.
Piper, la protagonista, ci fa da guida, tra luci e ombre per non ridurre sempre tutto a bianco o nero ma per scoprire le miriadi di sfaccettature di un problema.
Tra le detenute, poi, impossibile non imbattersi in personaggi frizzanti e qualcuno davvero emozionante.
Non ci viene detto di stare da una parte, guardie o ladri, ma di comprendere l’umanità di entrambi, fatti di limiti, debolezze e insospettabili momenti di profonda dolcezza.
Sempre con una vena di autoironia e gusto per lo spiazzamento dello spettatore.
Sono davvero pochi i personaggi che non rivelano un lato, se non apprezzabile, almeno comprensibile.
Cosa straordinaria, la serie è stata capace di creare un fondo in favore della reintegrazione delle detenute nella società. Più unico che raro caso di fiction che diventa fautrice di cambiamento reale.
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