Il continuo e il discreto
Una distinzione che può nascere anche da una certa interpretazione della Genesi. Il digitale opera per e nel discreto, mentre noi ci siamo abituati a pensare nel continuo, se non altro perché la nostra finitudine, la nostra singolare vita, ha inevitabilmente un inizio e una fine. Tant’è!
Discreto significa che gli elementi che compongono un ipotetico tutto (o quello che a noi appare come un tutto) sono isolati (quantici) e possono stabilire infinite relazioni con tutti gli altri (un entaglement) La relazione stessa può essere considerata come un dato, un quantum.
Continuo significa che c’è una relazione lineare, di necessità, valutata come razionale (temporale, spaziale, ….. storica?) tra ogni elemento e ciò che lo precede e che lo segue. In questo caso si dà un inizio, una creazione e una fine, un compimento, mentre nel continuo non si dà centro, non c’è limite, né esterno né interno: il centro è ovunque e la sua circonferenza in nessun luogo.
Creazione e interpretazione della Genesi
È significativo il fatto che potremmo invocare per capire la partita in gioco tra continuo e discreto la stessa Genesi, meglio l’interpretazione della Genesi che fa la Kabala per la quale non esiste una creazione, ma le creazioni sono due, quindi c’è una creazione continua, che ritorna sempre su se stessa, si potrebbe dire in feedback.
Consideriamo i seguenti versi della Genesi, che è ovviamente una cosmogonia:
“ Così furono ultimati il cielo e la terra e tutto il loro ornamento.
Allora Dio nel giorno settimo, volle conclusa l’opera che aveva fatto e si astenne, nel giorno settimo, da ogni opera che aveva fatto.
Quindi Dio benedisse il giorno settimo e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni opera da lui fatta creando” (Gen 2.1.3.)
Con il sabato la creazione giunge a compimento. Il sabato è la prefigurazione del mondo che viene e che verrà. E’ il sabato quello che benedice, santifica, rivela il mondo come creazione di Dio.
In questa interpretazione della Genesi, esiste la creazione del “prima” che termina nell’uomo come immagine e somiglianza; esiste una creazione nel compimento, quella del settimo giorno, del sabato e questa non ha immagine né produce immagini.
Per metafora la prima è materiale, la seconda è spirituale; la prima è fattuale, la seconda è concettuale. La prima è nella fatica e nel dolore, nella “crisi”, la seconda è nella gioia, nella gloria o nella redenzione. La prima ha una direzione: l’escathon, la seconda è senza scopo alcuno, senza finalità alcuna, al di là dello spazio e al di là del tempo.
Ma se la creazione non è una, ma è due, forse, allora, la creazione è continua, e questo ovviamente pone questioni complicate sia alla filosofia, alla teologia e alla fisica classica, ma non alla fisica quantistica e, tanto meno, al digitale.