L’agricoltura è strettamente connessa alla biodiversità e contribuisce in modo sostanziale alla conservazione dei numerosi ecosistemi che, senza la presenza di determinate attività agricole, sarebbero destinati a scomparire.
È il caso del territorio dei prati-pascolo, diffuso nel nostro Appennino – identificato dall’Unione Europea tra gli habitat meritevoli di conservazione – la cui formazione e mantenimento dipendono direttamente dalla presenza degli allevamenti, che impediscono a questo ambiente di evolvere in bosco e, conseguentemente, alle specie da esso abitate disparire.
Purtroppo, l’intensificazione della produzione e la sottoutilizzazione del suolo sono stati, soprattutto negli ultimi 50 anni, causa diretta – o indiretta – di una notevole riduzione di biodiversità, facendo emergere la forte correlazione tra alcune pratiche agricole e l’involuzione dello stato di salute dell’ambiente.
L’aumento della popolazione mondiale, e dunque l’incremento della richiesta da soddisfare, ha infatti causato numerose conseguenze ambientali legate alla filiera produttiva: deforestazione, perdita di habitat, impoverimento del suolo e delle risorse primarie, desertificazione, inquinamento chimico delle acque e dispersione di pesticidi.
La conversione del suolo per la produzione di monocolture industriali ottenute su larga scala – effetto del disboscamento a scopo agricolo – ha inoltre un ruolo importante nei cambiamenti climatici, agendo sul 12% sulle emissioni globali – in prevalenza protossido di azoto rilasciato dal fertilizzante sintetico e CO2 prodotta bruciando combustibile e vegetazione nei campi.
Tuttavia, negli ultimi venti anni si è diffusa una maggiore sensibilità nei confronti del mutamento climatico in atto, che ha rafforzato la volontà di ricercare nuovi metodi alternativi all’agricoltura odierna.
Già nel 1994, la FAO – Food and Agricolture Organization – raccomandava l’utilizzo di colture in vitro, riconoscendo in esse un valido processo per la produzione di sostanze per uso alimentare, alternativo all’utilizzo del suolo e funzionale alla riduzione dell’impiego di acqua e di pesticidi.
In Italia è stata la Demethra Biotech Srl – società vicentina del gruppo Cereal Docks – a studiare e sperimentare l’implementazione di colture controllate in laboratori high tech, secondo standard rispettosi dei criteri più avanzati della green technology, oltre che sviluppare CROP – Controlled Release od Optimized Plants – una piattaforma biotech, tra le più innovative e con maggiore capacità produttiva a livello europeo, basata sulle colture vegetali in vitro.
Una ulteriore eccellenza del Made in Italy è L’Orto di Nemo, progetto nato del 2012 da un’idea di Sergio Gamberini – fondatore di Ocean Reef Group – che ha immaginato un giardino sottomarino nel quale produrre piante senza la necessità di suolo e di pesticidi, una valida soluzione volta a limitare l’impatto del settore agricolo sull’ambiente.
Primo esperimento di agricoltura subacquea, la produzione avviene all’interno di biosfere trasparenti ancorate al fondale ad 8 metri di profondità nel mare Ligure di Noli, sfruttando le condizioni favorevoli presenti sott’acqua – la temperatura costante, l’umidità sufficientemente alta, l’assenza di