Raymond Roussel è senza il minimo dubbio lo scrittore francese più strano dell’inizio del Novecento. Ha pubblicato tutti i suoi libri a sue spese e le rappresentazioni delle sue opere teatrali sono state un fiasco totale. È stato solo uno scrittore, Robert de Montesquiou, anche lui un eccentrico – che ha ispirato Marcel Proust per uno dei personaggi della Ricerca del tempo perduto – a presentarlo e difenderlo davanti a un pubblico chiuso alla sua produzione letteraria.
Nato in gennaio 1877 a Parigi è figlio di un ricco agente di cambio. Al liceo si rivela un allievo mediocre e decide di lasciare gli studi nel 1891. Tre anni dopo suo padre muore e il giovane Raymond eredita una fortuna notevole. Comincia a scrivere e compone il suo primo lungo racconto in versi, La Doublure, che sarà pubblicato nel giugno 1897. L’insuccesso è completo. Il suo primo romanzo, Locus Solus, esce nel 1914 e ancora questa volta è un fiasco clamoroso. Nel 1922 fa rappresentare una versione teatrale di questo libro sul palcoscenico del Théâtre Antoine e che il pubblico non apprezza, malgrado l’intervento del famoso Paul Poiret per i costumi. Provoca anche uno scandalo! In giugno 1924, scrive per il teatro L’Étoile au front, che non piace per niente ai parigini.
Gli unici a difendere l’autore sono stati i surrealisti, come André Breton e Robert Desnos, cioè tre gatti. Dopo Paul Eluard e Salvador Dalì s’interessano a lui. Ma Roussel tenta ancora una volta l’esperienza del teatro due anni dopo al Théâtre de la Porte-Saint-Martin con Poussière desoleils. Anche se la critica sui giornali è molto negativa, la gente è andata ad assistere allo spettacolo per vari motivi: curiosità, gusto per lo scandalo, per divertirsi… Ma quasi nessuno si è appassionato a questo strano scrittore. Sempre nel 1926, presenta un’invenzione sua alla stampa: un camion Sauer trasformato per viaggiare sulle strade in un modo molto confortevole. La chiama maison roulotte. Nel 1927 parte per un viaggio fino a Roma, e presenta la sua casa su roulotte a Benito Mussolini. Di ritorno a Parigi si installa a casa di sua sorella, che muore nel 1930. Allora decide di vivere al Ritz…
Eccentrico, le storie legate alla vita poco comune di Raymond Roussel sono numerose. Una, per dare un’idea: una serata invita gli amici venuti a cena da lui e dichiara che li invita tutti a vedere l’India. Partono sul suo yacht per questo lungo viaggio e, un bel giorno, li sveglia all’alba per far loro vedere le coste dell’India. Quando tutti le hanno viste, chiede al comandante di tornare indietro senza mettere piede a terra! Comincia ad ammalarsi nel’30 e deve andare in una clinica psichiatrica varie volte. Nel 1932 fa pubblicare Nouvelles impressions d’Afrique, il suo ultimo libro. L’anno successivo va a Palermo e all’inizio del mese di giugno prende una suite al Grand Hôtelet des Palmes. Si suicida lì il 14 luglio.Non era il suo primo tentativo. Il suo nome sparisce dalla storia letteraria del Novecento, anche se André Breton l’aveva incluso nella sua Anthologie de l’humour noir nel 1939.
Dal’63, l’editore parigino Jean-Jacques Pauvert decide di ristampare un numero notevole dei suoi libri. Più tardi, nel 1989, quando sono ritrovati manoscritti in una malle Vuitton, lavora all’edizione di testi rimasti inediti e gli consacra un numero speciale della rivista Bizzarre. È Leonardo Sciascia che lo fa riscoprire a un pubblico più ampio nel 1971, quando fa uscire un saggio chiamato Atti relativi alla morte di Raymond Roussel. Però non è uno scrittore che ha riabilitato Raymond Roussel, ma un filosofo, Michel Foucault. Quando escono i primi titoli dei suoi libri, fa stampare da Gallimard nel ’63 un grosso saggio su Roussel. Non aveva ancora scritto Les mots et les choses, ma era già considerato come uno dei personaggi più interessanti della sua generazione. Il suo saggio parte dall’ultimo libro scritto da Roussel, Comme j’ai écrit certains de mes livres, finito nel ‘32. Non c’è un metodo per capire il suo scritto ben ordinato e chiaro. È un cumulo di ricordi, di tecniche letterarie, e anche di notizie sull’arte della letteratura. Ma rivela certi aspetti del suo modo di scrivere romanzi e poesie che sono molto preziosi. Dichiara anche il suo amore incondizionato per Jules Verne e varie considerazioni sui libri di suoi contemporanei. Spiega a suo modo certe righe e dimostra la sua conoscenza profonda delle tecniche poetiche e anche della retorica.
Insomma, ci perdiamo un po’ nel dedalo delle sue spiegazioni, che rende spesso il testo ancora più difficile da penetrare, ma fornisce anche un bel po’ di suggerimenti per interpretare Raymond Roussel. Si vede che Foucault è rimasto affascinato da questo vademecum misterioso. E Foucault cerca di farci capire quale è stato il suo amore infinito per la lingua e per i mezzi per costruire una frase, un paragrafo, una finzione. Va preso molto sul serio, anche se non è stato capace di rivelare i segreti della sua scrittura. Questo studio approfondito è almeno un invito ad andare a curiosare in questo universo particolare e anche unico nel suo genere. Foucault non l’ha reso accessibile, ma almeno l’ha fatto amare ai lettori colti. Oggi le sue opere, come Impressions d’Afrique (1910) non sono più esoteriche di Hebdomeros, il capolavoro di Giorgio De Chirico. È abbastanza chiaro che, con il tempo e tutte le sperimentazioni fatte in letteratura, dal surrealismo alla poesia sonora, la sua opera non sembra più così stravagante. Dobbiamo leggerla un po’ come si guarda un quadro del Doganiere Rousseau o uno di Franz Marc, di Max Ernst e di Dalì. C’è un aspetto sapiente, surreale, e anche un po’ingenuo. La sua logica non sembra più pazza, ma semplicemente bizzarra. È una logica che non siamo in grado di seguire del tutto, ma che possiamo accettare.
Le sue Impressions d’Afrique possono essere lette come un labirintico romanzo esotico d’avventure, dove si mescolano le invenzioni del secolo nuovo con le fiabe. Ha qualche cosa di futurista e di fantastico, senza che si capisca quale aspetto supera l’altro. La ristampa in un volume d’una scelta importante dei suoi libri nella collana Bouquins presso Robert Laffont è una sfida notevole! Vedremo se Raymond Roussel entrerà o no nel pantheon della letteratura francese!