(Questo articolo è stato scritto il 23/03/2020)
Molti articoli in tutto il mondo hanno cercato di indagare, spiegare, formulare ipotesi sul perché in Italia si siano registrati numeri così alti relativi ai contagi da Coronavirus, e alle morti soprattutto.
La teoria più comune indica nell’età avanzata della popolazione italiana il fattore principale dietro all’alto numero di morti. Secondo l’Istat, in Italia il 23,2% della popolazione ha più di 65 anni, seconda solo al Giappone. Essendo la maggior parte delle morti appartenenti a questo gruppo di età (statista.com), sembra sensato che sia questa la ragione dell’alto numero di decessi in Italia. Tuttavia, consideriamo il Giappone: ha registrato solamente 2.111 morti e 57 decessi, inclusi i casi della Diamond Princess. A confronto l’Italia registra un totale di 80.589 infetti e 8.215 morti (numeri aggiornati al 26 marzo 2020). Risulta evidente che l’età della popolazione non sia il solo fattore.
Ironicamente, proprio il Sistema Sanitario Nazionale italiano è messo in discussione in maniera sottilmente ambigua. La sanità è per la maggior parte gratuita per gli anziani, che ricevono, quindi, un servizio di cure migliori e sono “benedetti” con la possibilità di vivere un po’ più a lungo. In ogni caso, significa che molti anziani vengono curati per alcune specie di malattie. Con l’arrivo del Covid-19, questi pazienti con malattie pregresse si sono ritrovati presto negli affollati reparti di terapia intensiva. Tuttavia, se guardiamo alle statistiche sulle morti da Coronavirus negli altri Paesi Europei con sistemi sanitari simili all’italiano, alcuni addirittura più avanzati, nemmeno questa teoria regge.
C’è anche da considerare la cultura italiana. È risaputo che gli anziani non siano relegati in casa. Spesso frequentano spazi di aggregazione, come parchi, bar e caffè, o fanno visita ai nipoti. Gli italiani hanno una cultura della socializzazione molto sentita. Si abbracciano e baciano su entrambe le guance. Questi gesti facilitano la trasmissione del virus, e forse spiegano la sua diffusione rapida: dai nipoti agli anziani, e quindi velocemente fra questi. Ma devo far notare che questo tipo di cultura non può essere la causa principale: è tipico di tutta la cultura europea, così come molte altre culture vantano una socializzazione stretta. Questo ancora non riesce a spiegare in modo efficiente o efficace le crisi che sta attraversando l’Italia.
L’inquinamento atmosferico potrebbe essere un fattore. La EPHA (European Public HealthAlliance) ha annunciato che anche alcune preesistenti malattie di cui possono soffrire gli anziani sono associate all’inquinamento atmosferico, specialmente quello causato da veicoli a motore: ipertensione, diabete, malattie respiratorie. Le zone del Paese più colpite dal virus sono infatti le più inquinate. Anche Wuhan, dove ha avuto origine la pandemia, è fortemente inquinata. Comunque, quest’ipotesi è stata scartata da molti specialisti, poiché, ancora una volta, le statistiche non risultano coerenti una volta allargata la visione al resto del mondo.
Quello che è ritenuto dai più la causa del disastro italiano del Coronavirus è la risposta tardiva da parte del Governo allo scoppio della pandemia. In più, sempre il Governo ha commesso parecchi errori nella pianificazione della quarantena: errori nel coordinamento e comunicazione, annunci pubblici prima di rendere effettivi i provvedimenti. Questo ha provocato panico e fuga in massa dalle zone rosse. Il virus si è diffuso velocemente, e in fretta tra i nonni.
In più, c’è la mancanza di preparazione per disatri pandemici. L’Italia non aveva un piano d’azione, niente approvvigionamenti e scorte. Gli ospedali sono rimasti presto a corto di materiale essenziale ed equipaggiamento per fronteggiare la malattia.
La teoria più interessante arriva dalla Norvegia. Il giornalista Erik Martiniussen ha avanzato una propria ipotesi sul giornale Aftenposten. Martiniussen aveva pubblicato di recente un libro intitolato “La guerra contro i batteri” (KrigenmotBakteriene), dal quale ha poi sviluppato la propria idea. L’Italia ha un problema con i batteri resistenti agli antibiotici all’interno degli ospedali: numeri fra i più alti in Europa per quanto riguarda infezioni resistenti agli antibiotici. Secondo il giornalista, in Italia avvengono quasi 11.000 decessi all’anno per malattie relative a resistenza agli antibiotici. A confronto, la Norvegia ne ha solo 69. Afferma che l’Italia ha una lunga storia di abuso di antibiotici e ha, quindi, un alto numero di persone con batteri resistenti agli antibiotici. È risaputo che molti pazienti che arrivano in Terapia Intensiva con l’apparato polmonare indebolito dal Coronavirus vanno incontro a infezioni batteriche secondarie. Cosa potrà mai fare l’eroico staff medico italiano, se molte delle infezioni secondarie sono resistenti agli antibiotici? Sono senza difesa.
In ogni caso, secondo me, l’Italia sta vivendo una situazione unica, nella quale entrano in gioco tutte le ipotesi appena elencate, e molte altre sono da chiamare in causa. Una situazione unica che è veramente universale. Potrebbe accadere lo stesso in molti altri Paesi, molte altre città. Se i leader di altri Paesi prenderanno nota, e impareranno dagli errori altrui, allora quando il virus si diffonderà in tutto il mondo, non si ripeterà il disastro italiano.