Qualcuno è in grado di capire come si può attuare il distanziamento sociale – sia pure di un metro – in una qualunque scuola italiana in una classe popolata da trenta studenti? I banchi sono disposti uno dietro l’altro in tre o quattro file e la distanza fra il precedente e il successivo è di zero centimetri. Spesso ci sono banchi doppi nei quali i ragazzi stanno a contatto di gomito.
Ogni minuto libri, matite, penne, tablet passano da una mano all’altra. Dita sulle labbra e penne fra i denti a contatto con la saliva. Bisognerebbe almeno raddoppiare il numero delle aule ma i direttori didattici non sono addestrati per i miracoli. Poi ci sono gli intervalli, quando una fiumana di giovani, a mo’ di mandria di bisonti, galoppa nei corridoi per conquistare il primo posto al bar, spingendo e sgomitando, ansimando sui cellulari di tutto e di più. Le manifestazioni fisiche d’affetto, come bacini, buffetti e pizzicotti, sono la norma ed è impossibile vietarle.
Nessuno che abbia lavorato in una scuola – come lo scrivente per trentotto anni – prova invidia per il Ministro dell’Istruzione che dovrà affrontare il problema. Per il momento il sito del MIUR, consultabile da tutti, recita testualmente: “Le sezioni della scuola secondaria superiore sono costituite con un numero minimo di 27 alunni. Eventuali iscritti in eccedenza dovranno essere ridistribuiti nelle classi dello stesso istituto (… ) senza superare il numero di 30 alunni per classe”.
Se entro il 1° settembre tutti i ragazzi non saranno vaccinati – sempre che si trovi il vaccino o almeno una terapia – bisognerà ricorrere alle lezioni online, pensando per tempo ad aiutare le famiglie che non possono permettersi un collegamento wi-fi o che vivono in zone non raggiunte da un’efficiente copertura di rete.
Ci sarebbero poi i ricorrenti problemi della scuola italiana: cornicioni che cadono sulla testa dei ragazzi, scuole ospitate in prefabbricati provvisori da trent’anni. Di questi non parleremo in questa sede perché nulla hanno a che fare con il Covid-19. Ma sono legati all’irresponsabile politica scolastica (o antiscolastica) portata avanti da governi di destra, di centro e di sinistra.
Ciò dimostra il livello culturale dell’intera classe dirigente del Paese, con qualche isolata eccezione. Bisognerà forse ricordare l’ammonimento di Victor Hugo: “Chi apre le porte di una scuola, chiude una prigione”.