La dicotomia Identità/Contraddizione dalla logica classica ai filosofi del Settecento/Ottocento
Scrive l’amico Vladimiro Giacché in un testo di prossima pubblicazione dal titolo Identità/Contraddizione: “La dicotomia identità/contraddizione vede un prevalere del primo termine nella logica classica, che esclude la contraddizione. Tra il Settecento e la prima metà dell’Ottocento la situazione si rovescia. Se Kant dimostra l’inevitabilità della contraddizione per il pensiero, Hegel fa della contraddizione addirittura uno dei cardini del proprio pensiero: non soltanto “tutte le cose sono in se stesse contraddittorie”, ma precisamente la capacità di sostenere/concepire la contraddizione diviene il grande discrimine tra le diverse strutture del reale e tra le diverse categorie del pensiero”.
Hegel e il digitale
Perfetto: Hegel sposta il primato, non solo gnoseologico ed epistemico, ma anche ontologico, dall’identità alla contraddizione (potremmo anche scrivere differenza), e questo è a dir poco formidabile, ma così (senza assolutamente saperlo) “apre” all’emersione del digitale che avverrà con la logica di Boole. Si dirà: ma che c’entra! Il digitale non è questione tecnologica? Ecco il punto: il digitale non è questione né tecnologica né tantomeno digitale, è l’emersione del primato del discreto sul continuo.
Il Continuo e il Discreto
Il continuo si fonda sull’identità, il discreto sulla differenza;
il continuo è causale-lineare e vuole una corrispondenza con l’universale (alla Cartesio);
il discreto è casuale-translineare e produce universali caso per caso (alla Feynman);
il continuo tende a ritenere la differenza una anomalia (e fatica a giustificarla);
il discreto considera l’identità una opzione tra infiniti possibili;
il continuo riduce l’essente alla materia (quindi anche nelle versioni più idealiste pensa ad una realtà ultima in forma di atomi);
il discreto è quantico (quindi sostanzialmente bitico essendo il bit l’unità della in-formazione)
L’identico è la possibilità logica
La verità non sta più dalla parte dell’identico, cioè nella corrispondenza tra l’idea della cosa e la cosa, ma nella differenza che – e questa non è considerazione di poco conto – ammette l’esistenza di una singolare consistenza dell’identico. Non nega l’identico ma lo colloca nell’ambito della possibilità logica prima che in quella antropologica ed esperienziale. In altri termini il mondo può essere, è, altro, da come lo percepiamo.
La predominanza del Discreto
Continuo e discreto coesistono sia nel pensiero che nelle pratiche umane, ma il discreto, per moltissimi aspetti controintuitivo è diventato oggi dominante.
E allora non tutto cambia, ma il Tutto cambia.
L’in-formazione è bit
Per provare ad entrare in questo labirinto facendo surf nelle trame del pensiero filosofico classico (quello che si fonda sull’identico) dovremmo, molto semplicemente, comprendere l’analogia tra identità e il continuo e tra la differenza e il discreto e argomentare di conseguenza. Dovremmo anche ricordarci, con Einstein, che la materia è energia (e vale il reciproco, non, ovviamente, in forma lineare) e, con Wiener, che tutto è materia, energia e in-formazione. Anche in questa triade il sistema non è lineare, ma a sua volta discreto, in quanto materia ed energia possono essere in sé anche informazione, e l’in-formazione non è né materia, né energia, è bit, univocamente un dato o, se volete, ciò che è dato.