In questo periodo di incertezza generale e di isolamento forzato, il nostro equilibrio psichico viene messo alla prova. È naturale sentirsi sopraffatti e sperimentare emozioni negative, che in alcuni casi vanno ad aggravare situazioni di disagio psicologico preesistenti. Oltre all’emergenza sanitaria e alla crisi economica che si prospetta, un altro disastro è in agguato: il peggioramento della salute mentale.
A febbraio, la rivista scientifica The Lancet ha pubblicato uno studio dedicato agli impatti psicologici della quarantena da Coronavirus. Lo studio, chiamato “The psychological impact of quarantine and how to reduce it”, ha selezionato una serie di ricerche sulle conseguenze psicologiche di precedenti focolai di malattie come Ebola, Sars e MERS. Le popolazioni studiate dopo un periodo di quarantena hanno manifestato sintomi psicologici come depressione o disturbi da stress post-traumatico. In Italia ci sono le risorse per curare questi disturbi?
Nel nostro paese, secondo recenti dati Istat, sono 6 milioni le persone con disturbi psichiatrici o a rischio di disturbi ansiosi o depressivi. Di questi solo 8oomila vengono seguiti. La ragione è presto detta. Innanzitutto le scarse risorse investite nel comparto: meno del 3,5% della spesa sanitaria totale. Un paradosso, se pensiamo che dei disagi psichici non risente solo la mente, ma anche il corpo. Ad esempio, una condizione di ansia prolungata, stimola produzione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress che nel tempo fa abbassare le difese immunitarie. Dunque c’è un legame molto stretto tra salute fisica e salute mentale.
Ma ancor più importate, la salute mentale in Italia (e non solo) si trova ad affrontare resistenze di tipo culturale. Il disagio mentale è ancora stigmatizzato e ritenuto di serie B rispetto alle malattie fisiche, ed è chiaro che per malattia mentale non si intendono solo i disturbi psichiatrici più gravi, ma anche patologie come ansia o depressione. I disagi psicologici non si vedono, eppure serpeggiano nella nostra società. Ciò nonostante, esiste una diffusa reticenza a richiedere supporto a psicologi e psichiatri, percepiti spesso e volentieri come strizzacervelli cui solo i pazzi si rivolgono.
Come mai delle malattie fisiche parliamo senza vergogna, mentre le malattie mentali sembrano ancora un argomento disturbante, un tabù? Ciò che non conosciamo è disturbante e in effetti la psiche umana è ancora un mistero: nonostante i progressi scientifici, infatti, non esistono marcatori biologici che permettono di individuare con certezza una malattia mentale. Oltre a ciò, il sistema educativo in cui ogni individuo è inserito fin da bambino non educa alla conoscenza e alla comprensione delle emozioni. L’analfabetismo emotivo è forse il più grande ostacolo culturale alla prevenzione del disagio mentale.