Il cinema di animazione non è solo per un pubblico giovanissimo. Anzi. Un esempio per tutti è Persepolis, scritto dall’iraniana Marjame Satrapi. Nel 2008 usciva nelle sale italiane raccontando del ruolo delle donne in Iran e, in generale, nel mondo arabo. Tema nient’affatto leggero che non può essere affidato alla forma comica. Il genere animato ben si adatta al racconto immaginifico. Infatti, qualunque sia il soggetto, attraverso il disegno, la sua rappresentazione può essere surreale, irreale, innaturale.
Si muove così Milorad Kristić, cinquantottenne regista ungherese di origini slovene, non nuovo a produzioni alternative e sofisticate. Nel 1995 si aggiudica l’Orso d’argento per il miglior corto animato con My baby left me. Il suo ultimo lavoro, Ruben Brandt, Collector,
è stato presentato al Festival del cinema di Locarno nel 2018. In Italia è arrivato in anteprima streaming alla Cineteca di Milano, una bella risorsa per i cinefili in piena emergenza Covid-19: contenuti nuovi e di archivio sono aperti a chi si registri al suo sito.
Ruben Brandt, Collector è un thriller psicologico nel quale le vite di personaggi “normali”, come lo psichiatra professor Brandt, la cleptomane Mimì, il detective Mike Kovalsky, il dottor Cooper, il malavitoso Hockey, s’incrociano con quelle di uomini e donne deformi. Tre occhi, due bocche, due teste o una testa di banana e volti dotati di molti occhi disseminati lungo il volto, oppure solo due agli estremi. Il campionario delle anomalie è vario e, come del resto l’intera opera, profondamente ispirato al mondo dell’arte visiva.
Tutti gli elementi collaborano a costruire la struttura del giallo con inseguimenti fra auto, performance acrobatiche e salti da un tetto a un altro, furti di tele da importanti musei. La trama ha il suo perno nel tormentato psichiatra Brandt e i suoi pazienti, che supereranno le proprie paure liberando al tempo stesso il loro mentore dalle proprie ossessioni.
L’arte è presente in molti personaggi secondo il cubismo analitico di Pablo Picasso. Ma anche nelle scene, ambientate nei musei di Parigi, Budapest, Rio de Janeiro, Firenze, San Pietroburgo, Sidney, New York, Tokyo dove le opere d’arte sono riconoscibili, ma modificate secondo lo stile di Kristić. E sono più di quaranta: da L’enigma dell’ora di Giorgio de Chirico, a Fontana di Marcel Duchamp, a Monogram di Robert Rauschenberg, alle opere pop Hatstand, Table, Chair di Allen Jones, sino a Nighthawk di Edward Hopper.
Tutto vero ma tutto falso. É il mondo dell’“estetica contraffazione” accompagnata da citazioni cinematografiche, fra cui Il grande dittatore di Charlie Chaplin o Gli Intoccabili di Brian De Palma. E l’autocitazione My baby left me.
Un viaggio che parte con un treno in corsa, s’insinua fra molte capitali del mondo, i loro meravigliosi musei, capitali opere d’arte, commenti musicali sempre adatti e qualche seduta di psicanalisi. Inappuntabili tutti. Diffidate degli psichiatri.