La crisi del 2008/2011 ha imposto una completa riconsiderazione su dove si vende e si rappresenta arte contemporanea a Milano. Il prima è stato segnato soprattutto da un luogo simbolo: Lambrate. Frutto di quello che ora sembra un’euforia, questo quartiere fuori dal semianello ferroviario di Milano, chiaramente periferico e disseminato di edifici industriali senza qualità, ha ambito, tra la caduta del Muro di Berlino e gli anni dei governi Berlusconi, diventare il luogo milanese per l’arte contemporanea.
Racchiuso tra la ferrovia e il fiume Lambro, è stato quel pezzo di periferia dove Luchino Visconti nel film”Rocco e i suoi fratelli” faceva approdare Rocco (Alain Delon) e i suoi famigliari appena arrivati a Milano dopo il viaggio di emigrazione dal Sud Italia. La prima notte a Milano. Anzi, a Lambrate, in attesa di un futuro precario e misterioso. Dagli anni Novanta Lambrate diventa il luogo dell’arte contemporanea dove collezionisti appartenenti alla classe media si avventurano prendendo possesso di una periferia fino ad allora operaia.
Viene celebrata un’ambigua alleanza tra pareti bianche, loft, capannoni industriali e l’arte che fino ad allora aveva evitato la periferia. Quando scoppia la “grande Crisi” del 2008 che si trasforma poi in quella del Debito pubblico italiano del 2011, immediatamente evapora la propensione della classe media milanese per l’arte e anche le gite di esplorazione a Lambrate.
Poi, nel giro di pochissimo tempo, arriva la Fondazione Prada, vicino allo Scalo Romana, e l’Hangar Pirelli, alla Bicocca, simboli di una potenza finanziaria e di una capacità strategica che vanno ben oltre le forze del singolo collezionista.
Sono aziende di successo che si vogliono differenziare da quelle del ciclo precedente della “città-fabbrica”, credono in un rapporto di positivo interscambio culturale con la città. I galleristi reagiscono immediatamente, abbandonando la periferia e reinserendosi nella città storica, quella costruita e abitata dalla borghesia dove non c’è ombra di fabbrica. In un ciclo di ricorsi, grazie al prestigio e alla ricchezza che la società neoliberale ha attribuito all’arte contemporanea.
I palazzi rinascimentali, barocchi e neoclassici di cui abbondano le città italiane, sono tornati ad essere lo scenario ideale per la rappresentazione e le transazioni dell’arte contemporanea. Come in tutti i paesi dell’Occidente ricco e super tecnologizzato, anche a Milano la Fondazione Prada e l’Hangar Biccocca provocano complesse rigenerazioni urbane che si nobilitano grazie alla presenza di questi luoghi di esposizione. Attorno si forma un ecosistema che valorizza dal punto di vista immobiliare intere parti città. Inutile dire che i grandi perdenti sono la classe media e la periferia, compreso Lambrate.