I barbari sognanti di oggi possono essere transumanisti e transfuturisti per vocazione. Magari hanno la rosa rossa in bocca per sfidare ancora le incognite pericolose della vita. Possono anche vivere in testi e immagini di Robot invisibili, volendo volare poeticamente fra visionarietà e realtà quotidiana, come ho espresso in un mio racconto.
Ciò accade anche nei testi di attraversamento fantascientifico degli autori dell’antologia Noi robot a cura di Roby Guerra (Asino Rosso, Ebook, 2019). Fra gli autori, oltre al curatore e a me: Lorenzo Barbieri, Sandro Battisti, Pierluigi Casalino, Angelo Giubileo, Davide Longoni e Bruno V. Turra. Il titolo s’ispira liberamente al maestro di fantascienza Isaac Asimov. Il suo celebre libro Io, Robot (1950) è una raccolta di racconti che ha come protagonisti i robot positronici (termine che lo scrittore russo-americano affibbiò alle sue macchine fantastiche, avendo preso a prestito dalle particelle scoperte dal fisico Paul Dirac).
A ciò fanno riferimento i futuribili italiani nel loro omaggio alla nuova era robotica. In questa macchina immaginaria “entra”, sempre di più, la dimensione erotico-sessuale, anche come narrazione (letteraria e video-filmica).
Nell’ipotesi di un Porno-Futurismo virtuale Roby Guerra, autore transfuturista, “vede” la possibile creazione di un archetipo di “oscena bambola” che congiunge, attraversando i tempi, l’autrice del manifesto futurista della Lussuria (1913) Valentine de Saint Point (mia ispiratrice di fanta-narrazione) con Moana (Pozzi).
I sex robot “vivono” nel mercato del sesso come bambole e umanoidi iperrealisti di seduzione estrema, “programmata” per clienti sempre più esigenti. Il futurologo e politico inglese Ian Pearson ipotizza che entro il 2050 gli umani avranno più rapporti sessuali con i robot che tra di loro: per le donne, il turning point potrebbe essere anticipato al 2025.
Gli ultimi robot sessuali sono dotati di intelligenza artificiale, di capacità di movimento e addirittura di una personalità (gelosa, romantica, timida, audace, ecc.): «Harmony, questo il suo nome, ha una testa robotizzata che muove le labbra e riproduce diverse espressioni facciali; la sua pelle è riscaldata, in modo da imitare il più possibile la cute umana, ed è disseminata di sensori, che inviano segnali al cervello computerizzato e le permettono di sapere dove viene toccata e reagire di conseguenza fino a raggiungere l’orgasmo. (…) E le conferisce anche una per ora limitata libertà di azione, nel senso che la bambola può offendersi se viene trascurata o prendere l’iniziativa se il suo proprietario non lo fa abbastanza spesso» (Sandro Iannaccone, ‘Wired’, 2018).
L’attrazione per le bambole antropomorfe e i sex robot è presente, sempre di più, nel fantastico erotico degli esseri umani, determinando un’identità sessuale “altra”, definita dagli esperti digisexual, capace di sollevare problematiche etiche e di riflessione. Capace, inoltre, di ispirare diverse fanta-espressioni narrative e d’arte.