È stata un grande successo la mostra intitolata “La Meccanica dei Mostri. Da Carlo Rambaldi a Makinarium”. Ospitata al Palazzo delle Esposizioni di Roma, ha messo i riflettori sulla genialità italiana nel campo dell’industria cinematografica, un’industria che rappresenta molto bene il “bello e ben fatto” del nostro Paese e la capacità di mettere in movimento i sogni attraverso la creazione “in laboratorio”, o meglio in bottega, di grandi protagonisti della storia del cinema: da King Kong ad E.T. fino ad Alien, protagonisti grazie al quale Carlo Rambaldi, il più alto rappresentante della nostra tradizione in questo settore, ha vinto 3 premi Oscar. Niente male per una persona che si definiva un umile fabbro e artigiano.
Rambaldi è il principale perno di una mostra che ricostruisce tutto il saper fare italiano nel campo degli effetti speciali che arriva fino agli spettacolari “pezzi di carne” del Racconto dei Racconti di Matteo Garrone, prodotti dal gruppo Makinarium. Un saper fare silenzioso e molto dietro le quinte, quasi schivo, come il tre volte premio Oscar ferrarese il cui archivio privato viene finalmente svelato con tutta una serie di imperdibili chicche, a partire dalla sua rubrica telefonica in cui si appuntava il numero di Steven Spielberg, oppure delle registrazioni video in cui racconta, come se lo facesse a se stesso, quanto sia difficile immaginare, costruire e muovere il famosissimo braccio meccanico di King Kong: un labirinto di fili, circuiti, leve, che può essere mosso, dice Rambaldi, soltanto da persone specializzate, competenti. Vere e proprie maestranze, di lunga esperienza nel campo.
L’industria cinematografica è così una sineddoche perfetta dell’industria italiana. Mai tanto nota perché un’industria di “strumenti”, come mostra il settore in cui eccelliamo, che è quello della meccanica: siamo primi al mondo nella realizzazione di “macchine che fanno macchine”. A proposito di macchine, nel senso di auto: il 70% di un’automobile tedesca ha componenti costruiti in Italia. Ma vale lo stesso per i robot con cui si costruiscono i circuiti delle più importanti fabbriche di smartphone di Cina e Stati Uniti.
Cosa caratterizza la nostra leadership meccanica, che si evince in tanti settori, dal cinema, alla robotica? Perché è diversa da tutte le altre? Perché la meccanica italiana è totalmente costruita sulla natura, sull’uomo, sulla realtà che ci circonda. Se ne prendono pezzi, si rielaborano, si creano moduli e si disegna il nuovo. Così il modellino del Pinocchio di Comencini sembra davvero “vivo”, lì che ti parla; ma anche la testa mozzata del bambolotto di Profondo Rosso di Dario Argento, ti guarda e sbeffeggia come fosse “esistente”. La creazione più straordinaria di tutte è proprio di Rambaldi e si ispira al suo gatto: i bozzetti di E.T. infatti prendono spunto dai ritratti che Rambaldi realizzava della sua gatta himalayana, la bellissima Chicca, un vero e proprio studio anatomico che ricorda quelli di Andrea Vesalio e Leonardo Da Vinci durante il Rinascimento. Mettere la realtà dietro la fantasia, e farla diventare qualcosa di vero, che si può toccare, usare, ammirare: così un uccello può diventare un elicottero e una gatta può diventare l’alieno più famoso al mondo.
C’è allora negli effetti speciali “all’italiana” una profonda dimensione antropologica che difficilmente si ravvede in altre tradizioni culturali, per questo abbiamo fatto scuola (e possiamo continuare a farlo). Un umanesimo silenzioso, un pensiero che crea, tuttavia l’unico indispensabile fattore che può dare vita a ciò che ancora non c’è. Quando ha ricevuto il suo ultimo premio Oscar, Carlo Rambaldi, visibilmente commosso e timido, ha dichiarato in un inglese incerto: “Voglio ringraziare i miei collaboratori e i membri dell’Academy per aver riconosciuto il mio lavoro, l’arte e la tecnologia che hanno dato vita a E.T.”. Lavoro, arte, tecnologia. Sintesi perfetta della meccanica italiana: un sogno della ragione che genera “mostri”.