L’emergenza Covid ha aggravato pesantemente due piaghe di cui soffre la società indiana: i matrimoni precoci e la tratta di minori. Benché la legge formalmente lo proibisca, le famiglie povere spesso costringono ragazze appena adolescenti a sposarsi, perché in tal modo avranno la possibilità di sfamarsi e di sfuggire all’estrema indigenza. La pandemia ha aggravato la situazione per vari motivi. Molti lavoratori sono ora disoccupati e privi di reddito, altri sono morti, o sono gravemente malati. Lo Stato non è in grado di proteggere adeguatamente i minori, praticamente abbandonati a se stessi ed esposti a gravi pericoli. Le ONG fanno quello che possono ma devono registrare un peggioramento significativo della situazione.
Il Covid e l’istruzione
Il matrimonio precoce delle ragazze comporta spesso l’abbandono scolastico. Esso è determinato anche dal fatto che le famiglie più povere, trasferite nelle città che offrivano lavoro, ora devono tornare nei piccoli villaggi che non dispongono di strutture educative. L’istruzione in passato ha rappresentato un punto di riferimento molto importante per le ragazze, perché a scuola esse potevano chiedere aiuto ad amici e insegnanti se costrette a unioni precoci. Il governo ha decretato la chiusura degli istituti di istruzione per contenere il contagio e quando saranno riaperte non sarà facile farvi tornare le ragazze. Le stesse famiglie le scoraggiano, nel timore di non poterle mantenere in futuro.
Lavoro minorile
I bambini maschi in povertà estrema sono arruolati da industrie che pagano salari di circa 50 euro al mese. Come nella prima rivoluzione industriale in Europa, le loro piccole e agili dita sono adatte a lavori semplici e faticosi che non vengono offerti agli adulti. I bambini trovano occupazione nei grandi centri che sono lontani centinaia di chilometri dai loro villaggi. Del trasferimento si occupano organizzazioni di trafficanti che la polizia cerca di combattere con risultati alterni. Il tessuto sociale così si sfalda in una situazione di sofferenze psicologiche personali indicibili. Anche in questo caso la legge vieta il lavoro minorile, ma secondo l’UNICEF il 40% dei minorenni indiani fra i 7 e i 14 anni – cioè circa 10 milioni – lavora. In Pakistan si arriva addirittura all’88%. La drammaticità della situazione è molto ben descritta in un report della BBC.