Dmitrij Šostakovič, il grande compositore sovietico: è questo il titolo del libro pubblicato dalla Fondazione Mudima in onore del noto compositore sovietico. “Scoperto” dapprima in Gran Bretagna e divenuto famoso negli Stati Uniti durante la guerra, a poco a poco la fama di Dmitrij Šostakovič (1906-1975) si è affermata in Europa e in tutto l’Occidente fino a conferirgli un riconoscimento pari a quello del suo grande rivale Sergueï Prokofiev.
Nonostante la fama raggiunta, il percorso artistico del compositore non è stato dei più facili: in un contesto politico come quello dell’URSS, anche l’arte doveva essere allineata al regime, pena il disprezzo e i violenti attacchi del regime stesso. Nel 1948, ad esempio, il Partito Comunista attaccò con violenza la sua Nona Sinfonia, additandola come “sinfonietta” e spingendo Šostakovič a sottoporsi a pubblica autocritica. Questo episodio gli causò anche la perdita della cattedra di professore.Il regime controllava totalmente la sua produzione: sei anni prima, gli era stato chiesto di comporre una sinfonia in onore di Leningrado, la sua città natale caduta sotto l’assedio dei tedeschi.
L’opera fu terminata a Kouïbychev, dove Stalin gli aveva ordinato di rifugiarsi e dove fu presentata nel marzo del 1941; seguirono le rappresentazioni di Mosca, dove l’opera addirittura venne diffusa per le strade con la radio e l’altoparlante, e quella di Leningrado del 9 agosto 1942.
Proprio l’anno seguente la popolarità di Šostakovič raggiunse l’apice con Stalingrad, l’Ottava Sinfonia la cui composizione anche in questo caso non era stata dettata da un suo desiderio creativo. Nonostante le difficoltà e i limiti imposti dalla situazione politica, la produzione di Šostakovič è stata considerevole: due opere liriche (tra cui Lady Macbeth), vari balletti, quattro musiche per il cinema, quindici sinfonie, ventiquattro quartetti, una lunga serie di quintetti, concerti, sonate.
Il libro Dmitrij Šostakovič, il grande compositore sovietico presentato da Gino Di Maggio testimonia l’ampiezza della sua attività creativa; al tempo stesso, ci offre uno spaccato sulla vita nella Leningrado rivoluzionaria, attraverso le immagini di costumi e scenari disegnati per le sue opere liriche o per i balletti che ha messo in musica (è degno di menzione il balletto Le Clair Rousseau, presentato nel 1936 e oggetto anch’esso di una critica impietosa).
Il libro non ha la pretesa di essere una biografia esauriente né una rassegna completa dell’opera del compositore; ciò nonostante, permette al lettore di farsi un’idea abbastanza chiara dell’importanza di questo musicista, che si è saputo cimentare egregiamente in generi assai diversi tra loro, mantenendo sempre un equilibrio tra stile classico e moderno (questo sia per “necessità politica” che per propria indole creativa). Per questa ragione, possiamo affermare che l’opera di Šostakovič appartiene alla storia della musica del Novecento, ma anche alla Grande Storia.