Qualche anno fa, quando imperversavano le discussioni sull’euro, ho scritto un testo intitolato “Perché Europa”. Affrontavo il problema sul piano politico-economico-finanziario. Cercavo di dare una risposta soprattutto a me stesso su molte cose che non mi convincevano e continuano a non convincermi.
Rispolverare come sempre facciamo il manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi (titolo originale Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto, pubblicato nel 1944) è come quando esaltiamo la nostra bandiera e il nostro inno nazionale. Sappiamo benissimo che la nazione non c’è ancora e sappiamo benissimo che l’Europa non c’è ancora ma vogliamo illuderci invece che siano già conquiste acquisite.
Nel mio scritto citato, evidenziavo che, in rapporto al mondo che si va delineando, l’Europa è prima di tutto una necessità che dà maggior forza a ognuno dei paesi membri, anche quelli che ne hanno meno bisogno come la Germania.
Ma l’Europa non può essere solo la conseguenza di una necessità. Ed è per questo che assistiamo quasi impotenti alle difficoltà del suo formarsi.
C’è evidentemente qualcosa che proprio non va. A memoria, mi ritorna in mente una risposta del generale Charles de Gaulle che a proposito dell’Europa in un’intervista disse “O la immaginiamo dall’Atlantico agli Urali o non è”. Affermazione coraggiosa che, nonostante la straordinaria rilevanza di chi l’aveva proferita, fu immediatamente rimossa.
Personalmente penso che il generale avesse semplicemente ragione. Provo a dirvi perché.
Una grande comunità può nascere soprattutto se ha radici culturali comuni. Ebbene, è certo che, da Lisbona a Mosca, seppur declinata in forma diversa, la radice giudaico-cristiana ci accomuna. Ci accomuna inoltre un’esperienza culturale che, dato che siamo territorialmente attigui, ci coinvolge tutti. Pietro il Grande chiamava architetti italiani per realizzare il suo sogno di creare San Pietroburgo, analogamente a Leonardo che si spostava con naturalezza dall’Italia alla Francia, dove è morto ed è seppellito, insomma, è facile evidenziare un intreccio forte sul piano culturale tra i vari Paesi dell’Europa e intorno ad essa. Tra i libri che ho letto da adolescente ricordo “Guerra e Pace” di Lev Tolstoj ma soprattutto l’Idiota” e “I Fratelli Karamazov” di Dostoevskij e, al contempo, “Il Rosso e il nero” di Stendhal, il “Don Chisciotte” di Cervantes, e “I dolori del giovane Werther” di Goethe. Tutti abbiamo amato Pablo Picasso e Malevič che era russo-polacco, un’area geografica i cui confini sono sempre stati vaghi e cangianti.
Al museo Puskin di Mosca o all’Ermitage di San Pietroburgo puoi ammirare capolavori assoluti di tutti i più importanti artisti spagnoli, francesi, tedeschi, italiani del XX secolo acquistati subito da collezionisti russi. E mi piace ricordare che la mia scoperta del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, nel 1959, avviene durante un mio viaggio a Leningrado.
Se l’Europa occidentale non ha alcuna significativa risorsa energetica naturale, l’Europa orientale (la Russia) è ricca di gas e petrolio, da cui noi di area occidentale attingiamo copiosamente. Quindi ancora una volta de Gaulle aveva ragione.
Sul piano politico-militare, i Paesi europei più importanti non possono trascurare il fatto che la Russia confina in Asia con la Cina e l’India è relativamente vicina. Con queste due aree geografiche la Russia ha legami di amicizia e collaborazione. Vale la pena sottolineare che, insieme, rappresentano una larga fetta della popolazione mondiale e grande forza economica e militare.
L’Europa non può far finta di non sapere e non vedere. A farlo, sarebbe molto rischioso. Questo, non già sul piano di una possibile invasione ma, sul terreno del mercato e dell’economia generale. Ma l’Europa che vorrei dovrebbe anche guardare verso il Medio Oriente perché là sono le nostre origini culturali e religiose, quelle giudaico-cristiane e anche perché in quelle aree del mondo ci sono gli altri enormi giacimenti di petrolio e gas.
L’Iraq è il territorio che ha dato i natali ad Abramo, nostro nonno. Direi che non solo sarebbe utile ma persino giusto e legittimo che l’Iraq facesse parte dell’Europa. Penso inoltre che anche la Palestina (ebrei e palestinesi) dovrebbe essere parte dell’Europa. Sono luoghi sacri di Gesù Cristo così come anche la Siria, perché sulla via di Damasco Paolo di Tarso si converte per darci quindi, in modo organico l’epopea critica di quegli straordinari avvenimenti.
E che dire della Turchia che ha dato i natali Paolo di Tarso. Il collegamento con l’Europa (io lo auspico) di quest’area del mondo, da decenni destabilizzata, potrebbe costituire un grande supporto per il vecchio continente e un contributo alla pace nel mondo.