Tribunale Milano, convegno su arte e crimine
Il giorno 18 ottobre u.s. si è svolto nel Tribunale di Milano, Biblioteca Ambrosoli, un convegno su Arte e Criminalità, in cui sono intervenuti, oltre ad avvocati penalisti, anche uno storico dell’arte, Fabio Vittucci, che ha ripercorso il rapporto arte – crimine- male nel corso del tempo.
La prima riflessione del tutto condivisibile, è che il ‘bene’, nell’arte, quasi mai è rappresentato da un corpo, mentre il male lo è sempre. Inoltre, è di tutta evidenza che la rappresentazione del male nell’arte ha subito un’evoluzione lacaniana nel corso del tempo. Con un passaggio dalla violenza simbolica/immaginaria a quella reale. Anche se, come dice Lacan, del reale non vi è padronanza, il reale resiste sempre alla cattura dell’immaginario, anche nell’arte.
Simbolo e realtà
Lo storico è partito dalla scultura greco-romana di Apollo e Marsia, e dal martirio di San Lorenzo in Galla Placidia, dove i corpi appaiono statici, nell’atteggiamento passivo della violenza subita, dunque la violenza simbolica, immaginata, ma non rappresentata. Ma già nell’Apollo e Marsia di Ribera, nel bue squarciato di Rembrandt, nella Giuditta e Oloferne di Artemisia Gentileschi, in quasi tutti i quadri di Caravaggio, in Guernica di Picasso, nella fucilazione di Massimiliano d’Asburgo di Manet, ecc… la violenza è mostrata in tutto il suo svolgimento dinamico, asintoticamente reale. Per arrivare, successivamente, alla violenza fotografata (per primo Alphonse Bertillon, fotografo-criminologo), dove i corpi lesi sono visti nella loro drammatica e orrida realtà (decapitati, impiccati, torturati, sgozzati). Un realismo che impressiona perché senza filtri, inevitabilmente identificativo del sé.
Violenza diretta
Fino a giungere alla violenza diretta sul corpo dell’artista, quella subita volontariamente da Marina Abramovich nella sua body-art, che accetta di rendersi corpo oggetto, su cui chiunque può appoggiare un oggetto o colpire o segnare, risultandone alla fine, martoriata a causa di graffi, ematomi, ferite, che le hanno fatto dire piangendo “se ti affidi al pubblico, questi potrebbe arrivare ad ucciderti”.
La testa di Medusa
Ben sappiamo da molto tempo che la violenza è innata nell’essere umano, e che l’arte è un transfert efficace dell’impulso feroce. Tuttavia, nel convegno è stata anche discussa la violenza in altri tipi di arte visiva, quali il cinema e i videogiochi, in cui l’eccesso di immagini violente, e, nei videogiochi addirittura l’adozione diretta di atti violenti, tende ad assuefare il fruitore. Cosicché il transfert positivo verso l’opera o manifestazione artistica, rischia di produrre effetti negativi, nei destinatari della stessa: come la testa di Medusa, che staccata da Perseo attraverso uno specchio (la mediazione artistica), non ha però perso la sua forza malefica, e continua a pietrificare chi la guarda imprudentemente.
Dello stesso autore: La violenza di ieri e di oggi