If Monte Carlo has a famous casino and a superb botanical garden, it doesn’t have a fine arts museum. This means that large exhibitions are not easy realised at the Rocher. Perhaps things will change this year due to the installation of a major exhibition of works by Claude Monet (1840-1926) at the Grimaldi Forum.
It is not a retrospective at all, but visitors can understand the evolution of artist’s idea of painting. We see some canvases dated from the 1860s, when the painter went to Sainte-Adresse or Rouelles or other places on the Normandy coast on the Atlantic, accompanied by Eugène Boudin. Other painters like Daubigny or Jongkind have been attracted by the sea in this region.
Claude Monet, his pictorial evolution
It is also the case of Monet, who was early against classical teaching since his studying age which was run by Charles Gleyre at the School of Fine Arts in Paris. Soon, he takes some liberties in relation to nature, being interested in light matters as well as committed to making very clear skies. In the early 60s, he doesn’t stand out much from his friends. Its beaches are close to those of Boudin.
But, strangely, everything changes during the 70s. Nature is treated with more freedom and the human figures are like quick sketches. Landscapes are his favorite subjects. During this period, he liked the rive des fleuves and painted villages or fields under the snow, almost creating a kind of monochrome.
But there’s more: the shapes are less and less defined. Vitueil dans le brouillard (1879) is a large view where it is not clear where the edges of the water end in the foreground and where the white hills begin. The sky merges a bit with nature. It is not yet his aesthetic choice but it is the announcement of a new departure. Then a period of transition follows where you find parts of the picture carefully drawn and others in a freer way.
Monet’s pictorial evolution was not linear. He experienced constant back and forth. Two canvases painted in 1883, Monte Carlo seen from Roquebrune, show that he was able to treat the same subject in different ways, the first more realistic, the second with a kind of haze that erases the landscape for the benefit of colour. There is no systematic construction in Monet: his inspiration has the faculty of proceeding in various ways. He chooses to use a sort of realism for his new painting or not. He’s always looking for other ways to express what he sees, by changing the effects of light, the way he uses color, the treatment of the sky, and so on.
During the 1990s, he insisted in emphasizing the power of light, so that he can make part of a landscape disappear as in La Seine à Port-Villez (1894) or in Pointe du Petit Ailly (1897). And then he dared to define strange visual fields as in the Massif de chrysanthème (1897). It’s not new in his production but this time he seemed to want to go further.
The Nymphéas, at the beginning of the twentieth century, mark a break, because the comparison with the water level and the plants floating above gives birth to a new world. His colors become more unreal and the composition seems to lose the relationship with the truth of what we see. At this point the painting becomes a pure invention. This can be seen with his Japanese Bridge. Later, he approached a sort of abstraction with violent hues. This bridge, for example, is hardly recognizable. And he also loved making one color cover nearly the entire field of vision. La Maison de l’artiste (1922-1924) is an example of his latest challenge.
The exhibition also reveals old photographs of the French Riviera at the time of Monet. It is very interesting because these shores of the Mediterranean have changed a lot! There are also documents about Bordighera where the artist went in the early 80s. It is an opportunity to discover little-known paintings made in this place.
In short, we don’t know Claude Monet as well as we believe. This exhibition reveals many other aspects of his pictorial research.
Monet en pleine lumière, Grimadi Forum / Editions Hazan, 288 p., €39.
The exhibition curated by Marianne Mathieu lasts in Monte Carlo until 3 September.
Monte Carlo possiede un casinò famoso e anche un giardino botanico superbo. Tuttavia, non possiede un museo di belle arti. Questo significa che le grandi mostre sono rare al Rocher. Forse le cose cambieranno quest’anno con la presentazione di una importante esposizione di opere di Claude Monet (1840-1926) presentata al Grimaldi Forum.
Nonostante non si tratti di una retrospettiva nel senso consueto, l’esposizione ha il pregio di mostrare l’evoluzione dell’idea di pittura di Monet. Vediamo qualche tela degli anni 1860, quando andava con Eugène Boudin à Sainte-Adresse o a Rouelles o in altri posti della costa normanna sull’Atlantico.
L’evoluzione pittorica di Claude Monet
Altri pittori sono attratti dal mare di questa regione, come Daubigny o Jongkind. Questo vale anche per Monet, contrario all’insegnamento classico sin dai tempi degli studi alla scuola di Belle Arti di Parigi, sotto la direzione di Charles Gleyre. Il suo realismo sembrava esagerato. Allora si prende qualche libertà, rappresentando lo spettacolo della natura. La luce conta molto e Claude s’impegna a raffigurare dei cieli molto chiari.
All’inizio degli anni 60 non si distingue molto dai suoi amici. Le sue spiagge sono vicine a quelle di Boudin. Ma, stranamente, tutto cambia durante gli anni 70. La natura è trattata con più libertà e le figure umane sono come degli schizzi veloci. I paesaggi sono i suoi soggetti prediletti. Durante questo periodo, privilegia le rive des fleuves e dipinge paesi o campi sotto la neve, il bianco creando una quasi monocromia.
Ma c’é di più: le forme sono sempre meno definite. Vitueil dans le brouillard (1879) è una larga veduta dove non si capisce dove finiscono i bordi dell’acqua nel primo piano e dove cominciano le colline bianche. Il cielo si confonde un po’ con la natura. Non è ancora la sua scelta estetica ma è l’annuncio d’una nuova partenza. Segue allora un periodo di transizione, durante il quale le tele sono in alcune parti dipinte con cura e in altre più libere.
L’evoluzione pittorica di Monet non è stata lineare: ha conosciuto alti e bassi costanti. Due tele dipinte nel 1883, Monte Carlo vista da Roquebrune, mostrano lo stesso soggetto raffigurato in modi diversi: il primo più realistico, il secondo con una sorta di foschia che cancella il paesaggio a beneficio del colore.
Non c’é, in Monet, un sistema: la sua ispirazione ha la facoltà di procedere in vari modi. Può scegliere di usare per un nuovo quadro una sorta di realismo, oppure no. È sempre alla ricerca di una via per rendere ciò che vede, cambiando gli effetti della luce, il modo di usare il colore, il trattamento del cielo, e così via.
Nel corso degli anni 90 accentua il potere della luce e può far sparire parte d’un paesaggio, come nell’opera La Seine à Port-Villez (1894) oppure in Pointe du Petit Ailly (1897). E poi osa definire campi visuali strani come nel Massif de chrysanthème (1897). Non è una novità nella sua produzione, ma questa volta sembra voler andare oltre.
Le Nymphéas, all’inizio del Novecento, marcano una rottura, perché il confronto con il piano d’acqua e le piante che vi galleggiano sopra fa nascere un mondo nuovo. I suoi colori diventano più irreali e la composizione sembra perdere il rapporto con la verità di quello che vediamo. Il dipinto diventa a questo punto una pura invenzione. Questo accade nel dipinto Ponte giapponese. Più tardi Monet si avvicina ad una sorta di astrazione utilizzando tinte violente: il ponte, ad esempio, non è quasi più riconoscibile. E ha anche amato fare in modo che un colore coprisse quasi tutto il campo visivo. La Maison de l’artiste (1922-1924) è un esempio della sua ultima sfida.
La mostra fa inoltre scoprire vecchie fotografie della Riviera francese al tempo di Monet; ciò è molto interessante perché queste rive del Mediterraneo, da allora, sono cambiate parecchio. Ci sono anche documenti su Bordighera dove l’artista è andato all’inizio degli anni 80 dell’Ottocento e la mostra è l’occasione per scoprire quadri poco conosciuti, realizzati in questo posto.
Insomma, non conosciamo Claude Monet così bene come crediamo. Questa mostra fa scoprire tanti altri aspetti della sua ricerca pittorica.
Monet en pleine lumière, Grimadi Forum / Editions Hazan, 288 p., 39 €.
La mostra, curata da Marianne Mathieu, sarà a Monte Carlo fino al 3 settembre.
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