Nel 1935 Alexis Carrel pubblicava “L’homme, cet inconnu”. Quell’analisi sulla scarsa conoscenza che l’uomo ha di se stesso può essere assunta come perifrasi da affibbiare all’esito elettorale italiano relativamente alle posizioni di centro. Dal 1990, pubblicavo un piccolo saggio su “The philosophy of the Centre”. Da allora sono passati oltre trent’anni. Comprensibilmente, quindi, il centro arretra con tutta la sua lunga tiritera “centro-destra”, “centro-sinistra”, e simili. Insomma, dalla posizione di centro si girava la testa o versa destra o verso sinistra. Con la conseguenza che non c’era una vera destra e neanche una vera sinistra. Una posizione impersonata per lungo tempo dal berlusconismo. Una posizione che, indipendentemente dalla propria qualificazione, di sicuro è stata sempre antisinistra. Ma oggi i renzismi e i calendismi vivono la caduta di un sogno. Non meno accade a un arrampicatore similprofessionista quale è stato Luigi Di Maio (il passato prossimo vale per tutti e tre i capipopolo citati, dato che non entrano in Parlamento).
Berlusconi, il centrista
Domanda: ma Silvio Berlusconi è di destra tout court? Penso si possa dire che è stato sempre centrista, e tale è rimasto. Certo, se c’è da girare la testa da una parte o dall’altra, si volta a destra. La vincitrice assoluta, Giorgia Meloni, non ha problemi di identità. Ha persino il torcicollo per come la sua testa è stata sempre incrollabilmente girata a destra. E forse c’è da pensare che, quand’era ragazza, in discoteca facesse ondeggiare il corpo, ma tenendo il collo bloccato a destra. Ma lei è capace di far ballare gli altri. Lo ha fatto anche nelle occasioni in cui l’hanno accusata di commistione con i connessi estremismi, vuoi in Italia, vuoi fuori. Oggi, vittoria piena da far zittire ogni appetito dei propri compagni di viaggio, persino il profeta dell’antimmigrazione e ora anche un po’ bastonato Matteo Salvini. Tranquillità in casa Forza Italia, con una buona presenza in Parlamento. Ed è anche l’unica garanzia per frenare o smorzare le eventuali occasioni di esuberanza estremista della presidente del Consiglio in pectore.
Vittoria meritata e favorita dagli avversari di centro-sinistra
Diciamolo, vittoria meritata. Ma anche favorita dall’insipienza della sinistra, a cominciare dall’anemico e accomodante Enrico Letta che adesso potrà stare davvero tranquillo e sereno. E Giuseppe Conte? Ha dato prova di essere un Achille piè veloce nell’imparare e nel fare. Lo è stato nel recente passato con la guida di due governi. Lo è stato nel raccogliere i cocci di un M5S fiaccato da avversità interne ed esterne. L’ho è stato anche in questa campagna elettorale, rialzando le sorti degli ex-grillini. Forse si poteva fare di più. Ma non nel terreno consequenziale al suo posizionamento programmatico ammiccante alle aspettative della gente più debole. In questo senso ha fatto il massimo possibile supportato, certamente, dal reddito di cittadinanza, segnatamente dove il lavoro è maggiormente carente, come in Sicilia. Forse si poteva ottenere di più, se si fosse fatta (o se fosse stato possibile fare, lo saprà bene solo lui) una virata netta verso sinistra in un momento – favorevolissimo – in cui la sinistra ufficiale posizionava il centrino ricamato della nonna un po’ a sinistra e un po’ a destra, disorientando il proprio elettorato. Con la conseguenza che taluni malfidenti verso il M5S e diffidenti verso il Pdi, coscienti dell’esigenza di azioni decise contro le varie crisi incombenti, hanno supportato la presidente di Fratelli d’Italia.
Magari di ferro, la Lady, ma si spera non integralista
Sulla base nei numeri emersi dalle urne, si può benissimo dire – a dispetto di una tendenza temporale verso la destra – che, se il Pdi e il M5S avessero costituito una coalizione, ci sarebbero stati meno astensionismi e meno defezioni. Ma ora c’è la grande novità: per la prima volta un presidente del Consiglio donna. E questo è da vedere positivamente. Ma si spera che si tratti di una “lady di ferro”, magari fedele alle sue idee, e va bene, ma non integralista nel governare. Buon lavoro.