Una biennale sotto il segno del corpo e della femminile
Infinite possibilità, perenne fascino e desiderio ma anche forza e mistero nell’esposizione curata da Cecilia Alemanni “Il latte dei sogni “alla 59. Biennale di Venezia 2022. Una Biennale all’insegna del corpo, del modo in cui ci relazioniamo con quello altrui, attraverso una rivalutazione del genere, della sessualità, delle abilità fisiche e delle diversità. Le donne artiste risplendono nei padiglioni della Biennale che presenta effetti di mutazioni anche tecnologiche, di forme spesso surreali e fantastiche, di una coloratissima figurazione. La pittura torna a essere grande protagonista, soprattutto adottata da artiste di aree geografiche meno conosciute, rispetto a quella occidentale.
Per la prima volta negli oltre 127 anni di storia dell’istituzione veneziana la Biennale presenta una maggioranza preponderante di artiste; sono 191 e gliuomini 22. Viventi e no, ssono comcunque in modo da ottenere un panorama internazionale di grande fermento creativo. Questo parallelamente al rilevato ridimensionamento della centralità del ruolo maschile nella storia dell’arte e della cultura attuale.
Dai Giardini alle Corderie
In una delle prime sale del Padiglione dei Giardini sono esposti i “Precarios” fatti di corde e detriti raccolti e sospesi nell’aria, opera di Cecilia Vicuna, artista cilena che, con i suoi dipinti surrealisti e animistici, si aggiudica il Leone d’oro alla carriera. In fondo alla stessa sala, le fantasmatiche sculture, anch’esse come sospese nell’aria, dell’artista indiana Mrinalini Mukherjee.
Grande attenzione al Padiglione degli Stati Uniti con l’artista afroamericana Simone Leigh meritevole del leone d’Oro 2022, per la sua monumentale scultura che accoglie i visitatori all’ingresso delle Corderie dell’Arsenale. Sotto il titolo “Sovereignty”, si espone un nero e gigantesco busto in bronzo di una donna di colore che mostra già la tematica presentata al Padiglione nazionale ai Giardini.
L’artista è interessata alla performatività e alla manifestazioni emotivo-corporee, sicché analizza la soggettività della donna nera. Le sue figure legate alle tradizioni artistiche dell’Africa, mescolano storie e performance rituali, come quelle relative al popolo Baga della Guinea o alla storica Esposizione coloniale di Parigi del 1931.
Anche la facciata del Padiglione degli Stati Uniti viene trasformata dalla Leigh in una installazione di tipo architettonico, Essa si basa du una copertura di paglia sulla facciata dell’edificio che somiglia a un palazzo dell’Africa occidentale degli anni trenta.
Tra Germania e Gran Bretagna
Sono tedesche altre due artiste-simbolo di questa Biennale. Si tratta di Katarina Fritsch, L’artista (a cui viene assegnatao il Leone d’Oro alla carriera) accoglie i visitatori nell’esedra del padiglione centrale dei Giardini con una sua scultura storica, che rappresenta un gigantesco elefante di poliestere.
Il Leone d’Oro per la migliore partecipazione nazionale va alla Gran Bretagna che propone le opere di Sonia Boyce. Tra l’altro, l’artitsa ha avuto un ruolo fondamentale nell’affermazione della soggettività femminile nera nel Regno Unito.
“Feeling Her way” è una vibrante installazione incentrata sulle performance vocali di cinque musiciste nere pluripremiate e di generazioni diverse, accomunate dalle influenze jazz e soul e da voci straordinarie. Le imperfezioni tecniche e i contrasti nei suoni e nelle immagini, sono valori presentati come espressioni della creatività e della vita reale.
A proposito della sua opera Boyce ha affermato ”Ciò che desidero è farvi incontrare e indagare come potete sentirvi liberi. Condizione per esprimere voi stessi quando non siete limitati da ciò che gli altri pensano”.
Il rapporto col passato e nuove prospettive
Con questo clima molte artiste e artisti hanno concepito appositamente le opere per la Biennale Arte, presentate in dialogo con lavori storici che partono dall’Ottocento fino ai giorni nostri. Concepite come capsule del tempo, cinque piccole mostre tematiche a carattere storico esposte negli spazi limitrofi, dove oggetti trovati, manufatti e documenti e prestiti museali, sono stati raccolti per creare rapporti simbiotici e rimandi tra opere storiche ed esperienze di artiste e artisti contemporanei tra presente e passato.
Metamorfosi ed emancipazione, nuove combinazioni di organico e artificiale, come possibilità di un continuo cambiamento. I visitatori entrano in un mondo iperrealistico in cui elementi di vita contadina del passato si fondono con strani fenomeni di fantascienza.
Tali fusioni ci suggeriscono un’immagine inquietante di un futuro incerto. “We Walked the Earth” nel Padiglione danese una famiglia di Centauri incarna uno stato d’animo di disagio tra la disperazione e la speranza, ma anche delle profonde ambiguità del nostro tempo.
Dalla Lapponia alla Romania
Per la prima volta il Padiglione Nordico di Venezia si è trasformato in “The Sámi Pavilion”, con la partecipazione degli artisti Sámi Pauliina Feodoroff, Máret Ánne Sara e Anders Sunna. Questa trasformazione del Padiglione celebra l’arte e la sovranità del popolo indigeno Sámi, insidiata lungo i vari paesi nordici e nella penisola di Kola in Russia.
Artisti che trattano tematiche urgenti vissute anche da altri indigeni in tutto il mondo e che riguardano. Agitano topiche come l’autodeterminazione, la deforestazione, i diritti umani, l’occupazione coloniale, la soppressione delle lingue e la rimozione dei popoli dalle loro terre.
Artista e regista, Adina Pintilie è stata selezionata per rappresentare la Romania con il progetto “You Are Another Me – A Cathedral of the Body”. Questo lavoro segna la tappa successiva della ricerca multipiattaforma di Pintilie sulla politica e la poetica dell’intimità e del corpo, iniziata con il suo lungometraggio “Touch Me Not”, vincitore dell’Orso d’Oro al Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2018.
Il Corpo come terreno ideologico
Oggi il corpo è tornato ad essere un luogo conteso di ideologie; un pretesto di ansia culturale e politica, tra la rinascita globale delle ideologie di destra accelerata durante la pandemia. Una ripresa che ha visto anche una virata a favore dell’autonomia del corpo.
Un modo di scoprire ed esporre il corpo ancora viene offerto nel Padiglione dell’Uruguay, dove un sarto è intento a prendere le misure ai visitatori. Con la mostra “Persona” l’artista Gerardo Goldwasser ci invita a guardare con occhio critico ma anche con il cuore i nuovi modi di essere persone, in un futuro minacciato dalla dinamica della omologazione distruttiva.
Belgio, la natura del gioco
Delicato e lirico il Padiglione Belga, con l’installazione video “The Nature of the Game” di Francis Alÿs: una serie di nuovi video come DR Congo, assemblati ad altri girati precedentemente, in Iraq, Hong Kong, Repubblica Democratica del Congo, Belgio e Messico.
I giochi rubati dall’artista alla vivacità dei bambini di strada trascrivono la memoria collettiva universale. Nonostante la loro rappresentazione sotolinei la diseguaglianza culturale e geo- economica, essa riprende un candore a cui non siamo più abituati. Un candore creato dalle dinamiche dei giochi infantili, antichi e semplici, praticati dai bimbi con oggetti improvvisati. Poiché l’interazione sociale diventa sempre più virtuale, Alÿs desidera catturare questi giochi prima che scompaiano.
La Corea e la comunione con la terra
Questa 59° Biennale di Venezia, celebra una comunione con l’animale ma anche con la terra, il paesaggio. Si esaltano forme di conoscenza indigena e riti arcaici. In essi l’organico inanimato prende forma attraverso la tecnologia, con la quale si esplorano apparati di condivisione in un sistema di dipendenza simbiotica.
Il Padiglione della Corea allestisce “Chroma V” dell’artista Yuchul Kim: un serpente meccanico di 50 metri il cui movimento è generato da un algoritmo, Si passa quindi aò Padiglione del Kazakistan alla sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia. A causa della guerra in Ucraina, una serie di opere e materiali necessari per realizzare l’installazione “LA-PI-CHU-PLEE-LAPA Centre per il Nuovo Genio” non sono arrivati in tempo.
Per contro, gli artisti del Collettivo ORTA (Alexandra Morozova, Rustem Begenov, Darya Dzhumelya, Alexandr Bakanov, Sabina Kuangaliyeva) fortemente amareggiati ma mossi da entusiasmo e orgoglio, hanno improvvisato dei set per le loro performance.
Autore delle foto: Marilena Vita