Ricorrenza Mozart, Vienna (1782 – 1786) – Vienna (1786 – 1791)

Ricorrenza Mozart, Vienna (1782 – 1786) – Vienna (1786 – 1791)
Pietro Fabris, Scottish National Gallery, Edinburgo. Il dipinto ritrae Mozart a Napoli, nella dimora di Sir W. Hamilton, ambasciatore britannico nel capoluogo campano. Con lui, Catherine Barlow, moglie del diplomatico, appassionata del clavicembalo.

Qui  di seguito i capitoli 9 e 10 della monografia su Mozart scritta da Giovanni Caruselli, nostro redattore, autore di saggi, collaboratore di Einaudi, Rizzoli, Vallardi, Diakronia, e altri editori, per testi di storia e filosofia (materie che ha insegnato).

La  pubblichiamo, ripartendola in capitoli (sono dieci, e qui ci sono il nono e il decimo), nella ricorrenza dei 250 anni dalla presenza in Italia del genio della musica. Tanti i contatti, le commissioni, i riconoscimenti ricevuti. Tra questi, nel gennaio del 1771, appunto, la nomina quale Maestro di Cappella da parte dell’Accademia Filarmonica di Verona.

CAPITOLO 9

VIENNA 1782 – 1786

Delusioni e successi nella capitale degli Asburgo

Il ménage matrimoniale di Wolfgang e Konstanze sarebbe stato allietato dalla nascita del primo figlio Raymund (17 giugno 1783), se il piccolo non fosse morto fra le braccia della nutrice appena nove settimane dopo la nascita, proprio mentre i genitori erano a Salisburgo in visita a Leopold e Nannerl.

La permanenza nella città natale non dovette essere particolarmente serena per Mozart. I suoi rapporti con il padre e con la sorella si erano raffreddati dopo tante incomprensioni e non poté trovare il calore dei tempi della sua infanzia. A Salisburgo incontrò l'anziano librettista Varesco, della cui collaborazione intendeva servirsi per la composizione di una nuova opera. Varesco preparò così il libretto de L’Oca del Cairo, su cui inizialmente Wolfgang lavorò con un certo entusiasmo. In seguito abbandonò l’impresa lasciando solo qualche brano appena abbozzato. Il viaggio di ritorno a Vienna fu interrotto il 30 ottobre da una tappa a Linz, dove Mozart compose in breve tempo la Linzer Symphonie in do maggiore K 425, che sarebbe stata presentata il 4 ottobre dall’autore stesso durante

un concerto presso il teatro della città. La sinfonia era dedicata al conte Thun, vecchio amico e protettore di Wolfgang, che in quella occasione ancora una volta lo ospitava in casa sua.

La febbrile attività di Mozart nella capitale non aveva dato i frutti sperati. Malgrado la stima dell’imperatore, del principe Kaunitz e di molti intenditori, Mozart non era ancora riuscito ad conquistarsi un posto sicuro e prestigioso. Secondo lui la responsabilità di tale situazione era da attribuire, allo scarso interessamento di Giuseppe II ai problemi degli artisti tedeschi. “La contessa Thun, il conte Zichy, il barone von Swieten e perfino il principe Kaunitz non sono d’accordo con l’imperatore che trascura gli uomini dotati di talento e li lascia allontanare”. Il principe Kaunitz, in particolare, si era espresso in maniera particolarmente positiva nei confronti di Mozart che così ne

riporta le parole. “Certa gente nasce solo ogni cento anni, e non si dovrebbe spingerli ad andare fuori dalla Germania, soprattutto quando si è tanto fortunati da averli nella capitale”. Deluso e impaziente per la situazione di stallo, Wolfgang incominciò a progettare un viaggio a Parigi e a Londra, ma per una serie di difficoltà di vario genere, non ultime quelle economiche, il progetto sarebbe stato accantonato.

Per altro Vienna riservava sempre a ogni artista incontri interessanti. Nel corso del 1782 Mozart conobbe il barone Gottfried von Swieten, uomo animato da profondi interessi musicali che possedeva una grande e fornita biblioteca. Egli organizzava regolarmente concerti domenicali, durante i quali venivano eseguite soprattutto musiche di Bach e di Haendel. Wolfgang vi partecipò spesso, e da questo suo interesse per lo stile contrappuntistico, alimentato dallo studio di numerosi spartiti prestatigli dal barone, nacque la Fuga a tre voci K 394 e varie altre composizioni rimaste

incompiute. Dopo il viaggio a Salisburgo, corroborato da una situazione psicologica più serena,

Wolfgang si diede con rinnovato vigore alla difficile impresa della conquista del pubblico viennese. Ne aveva già fatto esperienza nell'estate del 1782 partecipando ad alcuni concerti organizzati dal musicista-impresario Philipp Jakob Martin. Questi aveva ottenuto dall’imperatore il permesso di tenere concerti nell’Augarten, i giardini imperiali che qualche anno prima Giuseppe II aveva voluto aprire al pubblico. Durante la quaresima del 1783 Mozart decise di tentare un’iniziativa personale. L’undici marzo aveva partecipato a un concerto della cognata Aloysia Lange, eseguendo, fra l’altro, uno dei suoi concerti per pianoforte, che aveva provocato un fragoroso applauso del pubblico. “È stato un vero uragano”. Gluck, che era presente, aveva espresso la sua ammirazione per Wolfgang. Il 23 marzo Mozart presentava un proprio concerto al pubblico viennese. “Il teatro non poteva essere più pieno”, riferisce Wolfgang al padre –“ma la cosa che mi ha fatto più piacere è stata la presenza di Sua Maestà l’imperatore, che era assai soddisfatto e applaudiva con entusiasmo”.

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Gli anni della celebrità con Le Nozze di Figaro

Incoraggiato dal successo, Mozart organizzò l’anno successivo tre concerti da tenersi negli ultimi tre mercoledì di quaresima, partecipando ad altri tenuti in casa del pianista G. F. Richter. Wolfgang in questa occasione poteva orgogliosamente comunicare al padre che gli abbonati ai suoi concerti erano circa trenta in più rispetto agli abbonati dei concerti di Richter. Anche nel 1785 tenne vari concerti e di alcuni di essi si ha notizia indirettamente attraverso le lettere del padre. Il vecchio Leopold, che nel febbraio di quell’anno era andato a far visita al figlio, non poteva che annotare con grande soddisfazione il suo crescente successo, che sembrava porre le premesse per un totale affrancamento della famiglia da ogni problema economico. Durante la sua permanenza a Vienna Leopold ebbe modo di apprezzare i lati positivi dei carattere di Konstanze, e benché il suo giudizio su di lei non mutasse di molto, giunse a lodare il suo modo di condurre le questioni domestiche.

Probabilmente spinto da Wolfgang, che aveva già fatto questo passo nel dicembre dell’anno precedente, Leopold decise di entrare in una loggia massonica della capitale. Fu questa l’ultima volta che vide il figlio. Sarebbe morto due anni dopo, il 28 maggio 1787.

Anche il 1786 per Mozart fu un anno positivo dal punto di vista del rapporto con il grande pubblico e con gli intenditori dei piccoli teatri privati nobiliari, ma tale rapporto doveva fatalmente e irreversibilmente deteriorarsi a partire dall’anno successivo. Complessivamente fra il 1782 e il 1786 Mozart aveva raggiunto l’apice della celebrità negli ambienti colti della capitale. L’ambasciatore di Russia, principe Galitzin, il conte Zichy, il conte Esterhàzy ed altri altolocati personaggi organizzarono per lui più volte concerti privati nelle loro dimore, ricompensandolo in maniera adeguata, anche se ciò non sarebbe servito ad evitargli le drammatiche difficoltà finanziarie degli ultimi anni.

Dopo la vicenda del Cairo, di cui si è detto, Mozart si impegnò ancora per condurre a termine il progetto della composizione di una nuova opera. A ciò lo spinsero sia la sua persistente passione per il teatro, sia il momento particolarmente favorevole in cui si assisteva all’ascesa sempre più rapida dell’opera italiana. Frutto di tali interessi fu Lo Sposo deluso o La rivalità di tre donne per un solo amante, K 430, opera in due atti rimasta incompiuta. Ben diversa sarebbe stata la sorte de Le nozze di Figaro. Al libretto di quest’opera lavorava già dal 1785 Lorenzo da Ponte, singolare figura di poeta e avventuriero, già collaboratore di Salieri e personaggio gradito alla corte di Giuseppe II. Da Ponte si ispirava alla commedia di Beaumarchais Le mariage de Figaro ou la folle journée, di cui

l’imperatore aveva vietato la rappresentazione a Vienna a causa dei suoi contenuti satirici.

Mozart stesso, che aveva conosciuto Da Ponte presso il barone von Wetzlar, gli aveva proposto la rielaborazione della commedia francese e il librettista aveva portato avanti il progetto in gran segreto e in perfetto accordo con Wolfgang, ripromettendosi di sottoporlo personalmente al giudizio dell’imperatore. Quando ciò avvenne, Giuseppe II espresse a da Ponte tutte le sue perplessità sia sulla competenza di Mozart in campo operistico, sia sulla validità e, soprattutto, sulla moralità della commedia. Rassicurato dal librettista su ambedue gli aspetti della questione, l’imperatore convocò Mozart e, vista la partitura, diede l’ordine che si incominciasse a lavorare per mettere in scena l’opera. Fra mille difficoltà, tra cui la concorrenza che gli facevano altre due opere di Salieri e di Righini, Mozart riuscì a condurre in porto la prima rappresentazione del suo capolavoro il 1 maggio 1786 al Burgtheater con grande successo e nove repliche.

La vicenda narra in maniera assai vivace degli sforzi che il Conte d’Almaviva compie per conquistarsi

l’amore di Susanna, serva della sua consorte Rosina, e promessa sposa del suo cameriere Figaro. Pur rinunciando all’antico uso dello jus primae noctis, egli intende fare sua Susanna prima del matrimonio. Quest’ultima, però, d’accordo con la contessa e con il paggio Cherubino, riesce a sventare i suoi progetti e lo fa riconciliare con la moglie, alla quale il Conte chiede perdono per la sua infedeltà. il confronto Almaviva – Figaro, cioè tra due personaggi emblematici, tra due culture diverse, l’aristocratica e la borghese, e la sconfitta del primo ad opera del secondo, costituiva certamente un tema denso di significati politici, e per tale motivo la commedia era stata proibita dalle autorità.

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Da Ponte e Mozart, però, riuscirono a smussare i momenti più scabrosi della vicenda, evitando così la censura imperiale. Il successo del Figaro non modificò, comunque, la condizione di Mozart, che dovette continuare sempre più malvolentieri a dare lezioni di musica per guadagnarsi da vivere, non riuscendo ad approdare ad un impiego ben retribuito e di prestigio. Tra l’altro la sua fama di grande virtuoso di pianoforte andava inspiegabilmente scemando e le esigenze economiche divenivano via via più pressanti, anche per le frequenti malattie di Konstanze che richiedevano cure costose. Al secondo figlio, Carl Thomas, nato il 21 settembre 1784, se n’era aggiunto un terzo, Johann Thomas Leopold, venuto alla luce il 18 ottobre 1786 e purtroppo morto appena un mese dopo.

La grande operosità degli anni Ottanta

In questo periodo Wolfgang rispolverò il vecchio progetto di un viaggio a Londra e pregò il padre di agevolarne la realizzazione prendendosi cura per un certo periodo di tempo dei due nipotini.

Leopold, però, rispose con una certa durezza che non era disponibile ad aiutarlo, mostrando di non aver dimenticato i dissapori degli anni precedenti. Neanche alcuni amici inglesi che si recarono a Salisburgo riuscirono a convincere il vecchio musicista. Nell’anno successivo, il 1787, un viaggio Wolfgang lo avrebbe comunque effettuato. Negli ultimi giorni del 1786 infatti, egli aveva ricevuto da parte di alcuni musicisti boemi, fra cui i coniugi Franz e Josepha Duschek, suoi amici, l’invito ad assistere al successo che il Figaro riportava a Praga. Aderendo ben volentieri a tale invito, Wolfgang e Konstanze vi giungevano l’11 gennaio dei 1787, ospiti per quattro settimane dei conte Johann Joseph Thun, uno degli aristocratici più influenti della città.

Mozart ebbe subito modo di rendersi conto del gradimento ottenuto dalla sua opera, descrivendo così la situazione all’amico Gottfried von Joacquin. “Ho notato con piacere che tutti danzano alla musica del mio Figaro, trasformata in danze e controdanze. Infatti, qui non si parla che del Figaro, non si suona e si fischietta altro che il Figaro, non si va all’opera se non per il Figaro, e tutto questo è un grande onore per me”. Il 17 gennaio Mozart fra gli applausi della folla presenziò ad una replica dell’opera e il 20 essa fu eseguita sotto la sua direzione, sempre con un grande successo di pubblico.

Il giorno prima il musicista aveva dato nell’affollatissimo teatro praghese un concerto, durante il quale era stato costretto dall’entusiasmo dei presenti a ripetere alcuni brani. Prima di ripartire per Vienna, l’8 febbraio, Mozart concluse con Pasquale Rondini, direttore dei teatro di Praga, un accordo per la composizione di una nuova opera da eseguirsi l’anno successivo. Nel periodo immediatamente seguente al rientro nella capitale si colloca un ipotetico incontro del musicista con il sedicenne Beethoven, che si trovava a Vienna per un viaggio di studio. Secondo incerte testimonianze Mozart, dopo aver ascoltato Beethoven al pianoforte, avrebbe espresso su di lui un giudizio entusiastico e profetico. In una situazione psicologica resa pesante dalla notizia della grave malattia del padre – il 18

maggio Leopold sarebbe morto a Salisburgo – Mozart si accinse alla composizione della nuova opera, servendosi ancora, come era prevedibile dopo il successo del Figaro, della collaborazione di Lorenzo Da Ponte.

Gli anni 1781-1786 videro la nascita di numerosi capolavori mozartiani. Il matrimonio con Konstanze costituì l’occasione per la composizione della Messa in do minore K 427, rimasta incompiuta. Per alimentare la sua intensa attività concertistica, fra il 1782 e il 1791 Mozart scrisse diciassette Concerti per pianoforte (K 413, 414, 415, 449, 450, 451, 453, 456, 459, 466, 467, 482, 488, 491, 503, 537, 595), che furono offerti annualmente in sottoscrizione al pubblico viennese. Gli ultimi tre furono scritti fra il 1786 e il 1791, quando la popolarità del musicista scemava quasi di colpo. Al cornista Ignaz Leutgeb furono dedicati fra il 1782 e il 1786 i quattro Concerti per corno (K 412, 417, 447, 495).

Nell’ambito della musica da camera va annotato il Quintetto per oboe, clarinetto corno, fagotto e pianoforte in mi

bemolle maggiore (K 452), che Wolfgang, scrivendo al padre, definiva la cosa migliore che avesse mai composto, il Quartetto per pianoforte (K 478), il Quartetto K 493 e la Sonata in si bemolle maggiore per violino e pianoforte (K 454).

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Nel genere della musica vocale il catalogo delle opere mozartiane riporta in quel periodo varie arie italiane quali Vorrei spiegarvi, oh Dio (K 418) e No, che non sei capace (K 419), scritte per Aloysia Lange.

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CAPITOLO 10

VIENNA 1786 – 1791

A Praga trionfa il Don Giovanni

Nelle sue Memorie, Lorenzo Da Ponte racconta come la stesura dei libretto del Don Giovanni non sia stata una cosa semplice, soprattutto per il fatto che egli aveva deciso di scrivere, contemporaneamente a questo testo, altri due soggetti, quello del Tarare, per Salieri, e quello dell’albero di Diana, per il compositore spagnolo Vicente Martín y Soler. L’imperatore, messo a parte di questo progetto, si era mostrato scettico sulla sua riuscita, ma nel giro di due mesi Da Ponte lo avrebbe smentito, scrivendo completamente i testi del Don Giovanni, dell’Albero di Diana, e, in buona parte, quelli del Tarare. Mozart quasi certamente seguiva momento per momento il suo librettista, mettendo in musica i versi di Da Ponte. Fra l’agosto e il settembre del 1787 Wolfgang e Konstanze si trasferirono a Praga, dopo che una buona parte dell’opera era già stata scritta. Il Bondini aveva predisposto per i Mozart un alloggio presso la casa Ai tre leoni, molto vicino a quello che avrebbe occupato da Ponte, ma Wolfgang preferì farsi ospitare spesso nella casa di campagna dei Duschek, probabilmente per la maggiore tranquillità dell’ambiente. Lì, seduto ad un tavolo di pietra del giardino, ancora oggi visibile, portò a termine il Don Giovanni, apportando gli ultimi ritocchi alla

partitura. La prima era fissata per il 14 ottobre, giorno in cui si sarebbero tenuti i festeggiamenti in onore del principe Antonio di Sassonia e della granduchessa Maria Teresa. Ma un po’per la negligenza dei cantanti, un po’ per l’inefficienza del personale teatrale, secondo Mozart molto al di sotto di quello viennese, l’opera non fu pronta per quella data. Si ripiegò su una replica del Figaro che Wolfgang stesso diresse.

Il Don Giovanni (K 527) andò in scena il 29 ottobre con la regia di Domenico Guardasoni, di fronte ad un pubblico che tributò sia a Mozart sia a da Ponte uno strepitoso successo. Wolfgang, pienamente soddisfatto dell’esecuzione scriveva il 4 novembre all’amico Gottfried von Jacquin “Vorrei che i miei amici potessero essere qui anche per una sola sera per partecipare alla mia gioia”. Si insistette perché il musicista si trattenesse a Praga ancora due mesi per scrivere un’altra opera, ma a metà novembre egli era già a Vienna dove l’imperatore, probabilmente anche per i successi riportati nella città boema, lo nominava ai primi di dicembre Kammermusicus con uno stipendio annuo di ottocento fiorini. Il 7 maggio del 1788 il Don Giovanni fu presentato al Burgtheater di Vienna, ma l’opera non incontrò i favori del pubblico, neppure con le modifiche e le aggiunte che vi furono apportate nel corso delle repliche. In seguito fu rappresentata in varie città tedesche ed europee con crescente successo.

Il Don Giovanni narra delle ultime vicende terrene del noto libertino spagnolo del XVII secolo. Invaghito di Anna, figlia del Commendatore, egli cerca di sedurla dopo essersi introdotto nella sua casa ma, scoperto dal padre di lei, lo sfida a duello e lo uccide. Fuggendo col servo Leporello in cerca di nuove avventure, rischia di imbattersi in Elvira, da lui precedentemente sedotta, ma riesce a non incontrarla, per rivolgere le sue attenzioni su Zerlina, una contadina promessa sposa a Masetto. Interviene però Elvira che mette a parte Anna e il fidanzato Ottavio della verità su Don Giovanni, spingendoli così alla vendetta. Questi ha, però, invitato Zerlina nel suo castello e, dopo aver danzato con lei, tenta di vincere le sue resistenze senza alcun successo, accusando poi Leporello di aver insidiato la ragazza. Braccato dagli inseguitori, Don Giovanni si rifugia con Leporello in un cimitero dove si trova anche una statua del Commendatore. Lì, mentre parla con il suo servitore, viene raggiunto da una voce minacciosa di cui non riesce a scoprire l’origine. Quando si accorge, alla luce della luna, che essa proviene dalla statua del Commendatore, inizia a beffeggiarlo invitandolo a cena nel suo castello. Tornato a casa evita ancora una volta Elvira e dà ordine che si prepari il banchetto.

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Ad un tratto entra però la statua del Commendatore, che intima a Don Giovanni di pentirsi di tutte le sue malefatte, ma il cavaliere si rifiuta di farlo ripetutamente e viene trascinato in una voragine infuocata. Al servo Leporello non resta che narrare la triste vicenda a coloro che nei frattempo sono accorsi.

A Praga trionfa il Don Giovanni …

Nell’estate del 1788 Mozart scrisse le tre Sinfonie K 543, 550 e 551, probabilmente offerte ancora una volta in sottoscrizione a potenziali abbonati. In questo periodo le sue condizioni economiche andavano rapidamente peggiorando, come si può facilmente dedurre dalle pressanti richieste di continui prestiti contenute nelle lettere che egli indirizzava all’amico Michael Pulchberg. Wolfgang non poteva quindi lasciarsi sfuggire l’occasione che si presentò quando un suo allievo, il principe Carl Lichnowsky gli chiese di accompagnarlo a Berlino, per un breve soggiorno nella capitale prussiana.

Mozart sapeva che il re Federico Guglielmo II era un appassionato musicofilo ed, essendo il Lichnowsky un personaggio assai influente, poteva coltivare la speranza di una buona raccomandazione negli ambienti di corte. Così l’aprile 1789 Wolfgang partì per quello che doveva essere il suo ultimo grande viaggio. Il 25 aprile Lichnowsky e Wolfgang giunsero a Potsdam alla corte di Federico Guglielmo, ma le attese di Mozart circa un benevolo interessamento del sovrano andarono incontro a impreviste difficoltà. Egli entrò subito in conflitto con il maestro di musica di Federico Guglielmo, Jean-Pierre Duport, il quale fece di tutto per danneggiarlo agli occhi del re.

Quest’ultimo tuttavia lo invitò a suonare a corte il 26 maggio e gli commissionò alcune composizioni di scarsa importanza, mostrandogli tutta la sua stima. Il musicista non ottenne però né la commissione di un’opera né tantomeno quel posto di Kapellmeister a cui sicuramente aspirava. Alla fine di maggio Mozart e il suo compagno si apprestavano a tornare a Vienna dove sarebbero giunti ilì 3 giugno. Rientrato nella capitale, Wolfgang dovette affrontare ancora nuove angoscianti difficoltà economiche e la malattia della moglie.

… e a Vienna Così fan tutte

Il 29 agosto veniva dato ancora a Vienna il Figaro e in quei giorni l’imperatore commissionava al musicista una nuova opera, sempre su libretto di Da Ponte: Così fan tutte o la scuola degli amanti. Il 26 gennaio 1798 aveva luogo la prima rappresentazione al Burgtheater, sembra con un certo successo. La trama. Due giovani ufficiali Guglielmo e Ferrando, sicuri della fedeltà delle loro rispettive promesse spose Fiordiligi e la sorella Dorabella, scommettono con il filosofo Don Alfonso che queste ultime per nessun motivo potranno tradirli. Don Alfonso, per dimostrare il contrario, organizza con la cameriera delle ragazze, Despina, il seguente piano. I due ufficiali comunicano alle fidanzate che sono stati richiamati al campo e che quindi dovranno separarsi da esse per un po’ di tempo. Al momento dell’addio Despina consiglia alle due sorelle di non affliggersi troppo dato che i loro uomini non lo

faranno certamente. Poco dopo i due ricompaiono travestiti da viaggiatori albanesi e ottengono ospitalità dalle due ignare sorelle. Per mettere alla prova la loro fedeltà, secondo i piani di Don Alfonso, essi tentano di sedurre le ragazze, che però inizialmente li respingono con decisione. In seguito, anche per i disinvolti consigli di Despina, le due incominciano a cedere alle insistenze di Guglielmo e Ferrando che hanno perfino simulato un tentativo di suicidio per amore. Così Dorabella prima e Fiordiligi dopo accettano le proposte amorose rispettivamente di Guglielmo e di Ferrando e acconsentono alle nozze con i due. Despina, travestita da notaio, sta per scrivere l’atto di matrimonio quando Guglielmo e Ferrando, abbandonato il travestimento rientrano in scena. Segue un grande trambusto e infine la riconciliazione. Don Alfonso ha vinto la scommessa.

Il 20 febbraio 1790 Giuseppe II veniva a morte e saliva sul trono degli Asburgo il fratello Leopoldo II.

Mozart si dibatteva sempre in gravi angustie economiche e doveva fronteggiare i primi sintomi della

malattia che lo avrebbe condotto alla morte.

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Fece un ulteriore tentativo presso il nuovo imperatore,chiedendo, con la raccomandazione di van Swieten, di essere nominato vicemaestro di cappella, senza ottenere alcun esito. Nel settembre decise di mettersi in viaggio a sue spese per Francoforte per partecipare ai festeggiamenti per l'incoronazione di Leopoldo, ai quali non era stato invitato ufficialmente. Partì da Vienna il 23 settembre e dopo sei giorni giunse nella città tedesca. Là, il 13 ottobre, diede un concerto assai apprezzato ma scarsamente redditizio. Ripartì per Vienna e dopo aver fatto tappa a Magonza, Mannheim, e Monaco vi giunse ai primi di ottobre. Nei primi mesi del 1791 fu assorbito dalla composizione di numerose opere (minuetti, controdanze, lieder) i cui proventi dovette utilizzare per far fronte alla disperata situazione finanziaria.

La musica massonica del Flauto Magico, il Requiem e la fine prematura

Ai primi di luglio incominciò a lavorare ad una nuova opera commissionatagli dall’amico Emanuel Schikaneder, impresario teatrale e aderente alla stessa loggia massonica di Mozart: Il flauto magico. Alla fine di luglio l’opera era stata quasi completata ma solo nella prima metà di settembre, a causa delle interruzioni dovute alla contemporanea composizione del Requiem e de La clemenza di Tito, il lavoro poteva dirsi concluso. Per quanto riguarda il Requiem, particolarmente misteriose apparvero a Mozart in un primo momento le circostanze della sua commissione. In luglio un messo gli aveva recapitato una lettera in cui un anonimo ammiratore richiedeva al musicista il prezzo che avrebbe

preteso per la composizione di una Messa da requiem. Avendo Mozart risposto positivamente richiedendo cinquanta talleri, il messo ritornò qualche giorno dopo portando con sè il denaro ma anche il divieto assoluto di indagare sul nome del committente. Solo dopo la morte di Mozart si scoprì che costui era il conte Franz von Walsegg zu Stuppach. Nell’agosto sopravvenne da Praga, a complicare ancora la situazione, l’ordinazione di un'opera, La clemenza di Tito, da eseguirsi il 6 settembre nella città boema per l'incoronazione di Leopoldo.

Il testo di Metastasio, già adoperato altre volte, era affidato per gli opportuni aggiustamenti al librettista Caterino Mazzolà e il lavoro doveva essere portato a termine nel giro di due settimane. Mozart si recò a Praga lavorando

alacremente per mantenere l’impegno preso, ma la prima, tenuta nella data prevista, non ebbe un grande successo.

La vicenda narra della congiura ordita da Vitellio ai danni dell’imperatore Tito e del generoso comportamento di quest’ultimo nei confronti di esso e degli altri ribelli scoperti e arrestati. Tornato a Vienna, Mozart ultimò Il flauto magico che venne rappresentato sotto la sua direzione il 30 settembre. La prima non convinse particolarmente il musicista, ma le successive repliche fecero segnare un successo crescente, che costituì l’ultima sua grande soddisfazione artistica. La trama del Flauto Magico è di tipo fiabesco e presenta numerosi punti di contatto con i rituali massonici.

Protagonisti dell’opera sono il principe Tamino e la principessa Pamina, che, in un irreale Egitto antico, devono affrontare prove di vario genere per entrare a far parte del gruppo degli Iniziati, in cui simbolicamente si personifica la scienza e la razionalità. Accanto ai due ruotano altri personaggi perfettamente delineati come Sarastro, capo degli Iniziati, la Regina della Notte, Papageno e Monostatos. Alla fine i due riescono nelle loro imprese e le tenebre dell’irrazionalità vengono sconfitte.

Dopo la prima del Flauto magico Mozart, gravemente ammalato e probabilmente cosciente di essere vicino alla fine, si diede anima e corpo alla composizione del Requiem. Confessò a Konstanze durante una gita al Prater l’oscuro presentimento della sua prossima fine e, secondo improbabili fonti, la convinzione di essere stato avvelenato. La moglie tentò di farlo uscire dallo stato di depressione in cui si trovava, pregando gli amici di far sentire la loro presenza e chiedendo aiuto a un medico. Vi fu un lieve miglioramento che gli permise di tornare a lavorare al Requiem, che Konstanze gli aveva sottratto per evitare che si stancasse troppo. Attorno al 20 novembre, però, la situazione peggiorò rapidamente e il maestro fu costretto a mettersi a letto. Nei giorni successivi non cessò di seguire le vicende delle repliche del Flauto magico e di lavorare al Requiem fino a quando la sua resistenza glielo permise.

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Il 4 dicembre fu chiaro a coloro che lo assistevano affettuosamente, Konstanze, la cognata Sophie e il fedele allievo Süssmayr che la fine era vicina. La sera di quel giorno, mentre ancora Mozart discuteva con Süssmayr del Requiem, che ormai comprendeva sarebbe rimasto incompiuto, il medico, chiamato urgentemente al capezzale del morente, dichiarava che non vi era più nulla da fare. Dopo aver perso conoscenza, Mozart spirava un’ora dopo la mezzanotte. La salma fu deposta vicino al pianoforte e il giorno 6 fu portata nella chiesa di Santo Stefano per essere benedetta. Il funerale venne effettuato, secondo i consigli di von Swieten, nella maniera più economica. Nessun amico o conoscente presenziò alla inumazione della bara che avvenne in una fosse comune del cimitero di San Marco. La stessa Konstanze, colta da una crisi nervosa, si trovava in quel momento in casa di una famiglia amica. Poiché non fu collocata alcuna pietra tombale, risultò in seguito impossibile identificare con precisione il luogo della sepoltura. Mozart lasciò la famiglia in gravi ristrettezze economiche, avendo accumulato negli ultimi tempi debiti per circa tremila fiorini, per motivi che ci restano ignoti. L’imperatore Leopoldo, messo al corrente della situazione, ricevette

Konstanze e le permise di dare un concerto al quale intervenne personalmente, elargendo una cifra che servì a coprire i debiti. Il Requiem incompiuto fu affidato per il completamento, dopo varie vicissitudini, al fedele Süssmayr che aveva assistito il maestro fino all’ultimo istante.