Ho pensato che, nel 1944-45, solo una piccola minoranza si ribellò all’occupazione dei nazisti e dei loro accoliti fascisti. Una piccola minoranza che pagò duramente e spesso con la vita il riscatto morale di tutta la nazione. Tutti gli altri, i “moderati”, guardavano da un’altra parte, quando sciaguratamente non erano complici dei carnefici. Quelli che invece si indignavano di fronte al precipitare di eventi tragici che accadevano sotto i loro occhi, sceglievano di andare in montagna e congiungersi con i combattenti partigiani, contribuendo così alla lotta di liberazione dal nazifascismo. Nulla di eroico, forse, pensavano: solo la “scelta giusta” per chi avesse senso di responsabilità e un minimo di etica, così come sarebbe auspicabile che avesse ogni membro della comunità all’interno della quale viviamo.
Purtroppo la storia lontana e anche quella più recente ci insegna che spesso non è così. La grande maggioranza scelse allora di non vedere, non sentire, non sapere. Si rifugiò in zone più sicure con la famiglia – ecco un altro dei falsi alibi italiani – lasciando ai pochi l’onere e la responsabilità che dovrebbe essere invece di tutti i membri di una comunità. Tra i combattenti partigiani molti persero la vita, più di quarantamila, una cifra enorme se si considera che in fondo erano una esigua minoranza quelli che erano saliti in montagna. Altri, fortunatamente, si salvarono e, grazie anche alle associazioni partigiane costituitesi subito dopo la guerra, trasmisero a noi ragazzi i racconti di cosa e come era successo.
Io ne ho conosciuti parecchi a Milano, in provincia di Savona e di Massa Carrara, dove da adulto ho soggiornato a lungo per ragioni di lavoro. La cosa che mi ha sempre turbato, anzi indignato, è che già allora, sulla grande stampa e poi nelle televisioni pubbliche e private, raramente si è scritto e parlato dei partigiani con il rispetto dovuto a chi si era battuto a costo della vita per farci il grande dono della libertà nel Paese in cui viviamo. Certamente per loro l’appellativo di “moderati” non è mai stato utilizzato, anche se le loro vite prima della guerra, durante e dopo la guerra, erano state irreprensibili. Per la grande maggioranza degli italiani, invece, erano stati e rimanevano delle “teste calde”, dei portatori di guai. Furono quasi tutti – e non era vero – accreditati alla sinistra. L’incapacità per la nostra comunità nazionale di rileggere storicamente quegli avvenimenti è, io credo, una delle cause principali del nostro scollamento nazionale e dei tanti, tantissimi errori che hanno costellato il percorso politico degli ultimi settant’anni.