20 mila occupati in meno e 50 mila inattivi in più. Un esercito di sfiduciati. Questi i conti del 2020. Nel 2008 era andata peggio. La flessione degli occupati era stata di 33 mila. E all’uscita della crisi la distanza tra i redditi della classe media e quelli del 15% più ricco divenne incolmabile.
Milano riesamina le proprie ambizioni nei lunghi mesi della epidemia Covid. Cosa sarà dopo? Cosa ne sarà della città italiana, forte di una estesa classe media? Anche nella classe media si conteranno perdenti della globalizzazione? Milano ha guardato con orgoglio ai “lavoratori della conoscenza”, al mercato del lavoro STEM, al settore tecnologico, alla classe dei creativi, alle università di élite e alle rigenerazioni urbane come potente strumento di crescita economica. Il settore tecnologico è stato trattato come una prodigiosa medicina salva occupazione. Che ci fosse una neoplebe come sottoprodotto nella sterminata periferia dell’area metropolitana milanese, solo dal punto di vista amministrativo divisa in municipi, nessuno lo ha mai voluto riconoscere. Così come nessuno ha mai voluto riconoscere che Internet ha giocato un ruolo fondamentale nel declino della classe media.
Adesso lo scrive Jil Lepore in una nuova monumentale storia degli USA di grandissimo successo, quindi è diventata una verità accettabile. Mai come ora Milano si sta scoprendo capitale sia dell’innovazione e della tecnologia ma anche capitale dei working poor o della neoplebe o come altri, con minor enfasi politica, chiamano “gente”. Che le due cose possano stare assieme è dovuta all’ampia economia dei servizi che si è formata in questi anni e che ha sofferto in modo estremo durante l’epidemia Covid.
La classe media è li in mezzo, indenne se con impieghi nell’amministrazione pubblica, ma sofferente se con attività commerciali o nei servizi. Il presidente americano Joe Biden ha espresso solidarietà. Vuole far riguadagnare alla classe media USA posizione sociale e reddito. Anche nella lunghissima campagna elettorale per le elezioni comunali italiane di grandi capoluoghi, Milano Torino, Roma e Napoli, i candidati sindaci, consigliati dai loro” spin doctor”, hanno completamente cambiato linguaggio e revisionato in modo profondo proposte e progetti. Le parole più evitate, e detestate? Disruption,distruzione creativa, gig economy. Anche internet e connessioni vengono usati con grande prudenza.