Con questa definizione ho cercato da tempo di spiegare il fenomeno, sempre più crescente, dei milanesi che esprimono ogni giorno il bisogno di stare insieme.
È ormai sotto gli occhi di tutti a necessità dell’individuo urbanizzato di trovare momenti di collettivizzazione.
Il numero crescente di single, la famiglia sempre meno unita, la perdita delle relazioni di quartiere (dovuta a sempre più importanti presenze di gruppi sociali disomogenei, espressione delle sempre più numerose emigrazioni) ha fatto crescere il bisogno di “stare insieme” negli spazi collettivi.
Milano, negli ultimi anni, ha dato alcune (troppo poche!) risposte in questo senso: dagli spazi occasionali per le cene in città, a spazi nuovi (la Darsena) e vecchi (i Navigli) in cui c’è stata una crescita esponenziale di locali di ristoro.
Ma quello che fino a ieri era apparso ai più sprovveduti e superficiali osservatori come un fenomeno di vitalità urbana, oggi si rivela in tutta la sua drammaticità.
“La movida”, quel fenomeno di affollamento serale e notturno “per stare insieme”, da qualche tempo, nel drammatico periodo che è contraddistinto dal fenomeno del coronavirus, è diventata la manifestazione più pericolosa di diffusione della malattia mortale.
Non appena la Regione “viene incontro al sistema del commercio e del ristoro” dando la possibilità di aprire i locali, la movida si riprende con più accanimento, facendo ripiombare la comunità in una nuova e drammatica “zona rossa”.
Si chiudono i locali, “basta con la movida”!
Nel frattempo ci si domanda dove e come scaricherà le “tensioni” la società che, da ormai alcuni decenni, è abituata alla movida serale/notturna (dalle sette di sera alle quattro del mattino).
In futuro, i nostri progettisti dovranno iniziare a prendere in considerazione questi fenomeni speciali, fatti di gente che ha sempre più bisogno di “stare insieme”, creando strumenti e occasioni progettuali per “abitare la città” che vuol dire“espandere la propria personalità dell’individuo e/o del gruppo sociale per dare identità e significato ai luoghi”.