Il cristianesimo, il sacro e la politica

logo della rubrica Aristotele Digitale che mostra una scultura del filosofo, ma solo la testa

Mi sto interrogando, nella attuale crisi di sistema tra il passaggio al modo di produzione digitale e l’emergere di una diffusione pandemica che lascia sgomenti (sapendo che non si dà nessuna relazione di causa/effetto tra i due) su cosa stia accadendo delle categorie del politico, cioè di ciò che ci permette in qualche modo di stare assieme. Mi sono ripromesso di elencarle settimana dopo settimana e di cercarne forme, logiche e dinamiche, in sintesi. 

Il sacro, prima categoria del politico

Ho individuato la prima: il sacro. Inaspettata ma cruciale: non c’è società senza una vittima sacrificale anche se non ha alcun senso uccidere qualcuno per far sì che gli altri stiano assieme. Tant’è! Se volete approfondire, leggete Totem e tabù di Sigmund Freud o, più vicino a noi, La violenza e il sacro di Renè Girard. Qui è emersa una questione: il sacro non si risolve nella religione, anche se la informa. Anzi c’è una religione, forse l’unica, che con scandalo e nello scandalo, combatte il sacro: il cristianesimo.

Ecco la questione: il cristianesimo invece di introiettare il sacro con tutta la sua ripetitività memoriale, con tutta la sua irrazionalità e violenza, con il suo bisogno della vittima sacrificale, prova non a rinnegare il sacro, perché sa che esso è potente e che non mancherà mai di tornare, ma cerca, disperatamente, di sospenderlo, trattenerlo, combatterlo. Lo fa con l’agnus dei, sacrificando in croce il figlio di Dio. É il divino stesso che si offre come vittima sacrificale affinché il sacro non continui con le sue terribili pretese.

Sacro, simboli e potere 

Dopo di allora non ci sarà più bisogno di alcuna vittima, anche se l’atto originario dovrà essere ricordato, ritualmente riprodotto ogni giorno, pena il ritorno “terribile” del sacro. Il figlio di Dio va dunque simbolicamente ma anche simbioticamente mangiato: questa è la mia carne, questo è il mio sangue. Ciò che è previo diventa postumo; ciò che è irrisolto nel totalmente altro diventa corpo, sostanza, energia, vita, qui e ora. Ciò che viene ri-assunto, sempre e di nuovo, non è più la carne e il sangue della vittima, ma la sua rappresentazione simbolica.

Quale è l’esito di questa stupefacente mossa, di questo scandalo radicale? Il sacro viene depotenziato, tenuto a freno: è il katèkon. Il sacro e la sua violenza originaria non è più la totalità del mondo anche se è di questo mondo. Il tremendo può essere combattuto, trattenuto, rinviato: c’è uno scudo, uno specchio, da offrire allo sguardo della Gorgone per non essere pietrificati.

Il potere, oggetto primo della politica, non sarà più uno, ma due e forse potrà essere molti. Si potrà allora dire: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Che ne è allora ed ora – qui nel digitale – del potere dell’uno e dell’altro? Alla settimana prossima.

 

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