In modo perentorio e forse disorientante, alcuni politici ed economisti hanno messo l’accento su queste topiche: a) Non ci sarebbe alcuna connessione necessaria tra democrazia e uguaglianza, un certo grado di disuguaglianza economica è inevitabile, la democrazia è impotente contro di essa; b) la globalizzazione non avrebbe causato alcuna disuguaglianza, anzi favorirebbe l’uguaglianza; c) gli aiuti ai paesi poveri sarebbero inutili o superflui.
Il primo punto va riferito a Adam Przeworsk, politologo di fama internazionale. Il secondo è legato a Peter Lindert, John Williamson, Andrea Boltho, Giuseppe Toniolo, oltre che alla Banca Mondiale (World Development Report). Il terzo punto, quello sugli aiuti, è di Angus Deaton, premio Nobel per l’economia nel 2015, secondo il quale “se le condizioni del paese beneficiario degli aiuti sono ostili allo sviluppo, gli aiuti sono inutili; se invece sono favorevoli gli aiuti diventano superflui. Ciò che serve, è accrescere il supporto tecnico e smettere di vendere armi ai paesi poveri”.
Il primo concetto è forse il più duro da accettare, anche se comprovato dall’esperienza americana. Infatti, negli Usa il divario interno tra ricchi e poveri è costantemente aumentato fino al 2008; anche se nel XX secolo, al contrario dei secoli precedenti, l’80% della disuguaglianza globale rifletteva la disuguaglianza tra le nazioni, mentre solo il 20% era attribuibile a disparità interne ad esse (Branko Milanovic, in Review of Economics and Statics, 2015). In verità, solo l’egualitarismo politico e giuridico è il vero fulcro della democrazia, mentre non lo è quello economico, che può al massimo costituire un principio generale, come nell’art.3 della Costituzione Italiana, l’unico in cui si parli di uguaglianza senza alcuna declinazione in altre specifiche norme.
Peraltro viviamo e condividiamo l’idea del libero mercato, e “nella misura in cui la democrazia ha bisogno del libero mercato e la politica non riesce a controllare le regole operative, la democrazia finisce per convivere con la disuguaglianza economica: le due possono essere compatibili” (Alacevich – Soci Breve storia della disuguaglianza, Laterza 2019).
Qualcuno si chiede: la disuguaglianza economica può minare la democrazia? Certamente sì, rispondono economisti e politologi quali Thomas Piketty, Branko Milanovic, François Bourguignon, Paul Krugman. Il potere economico e sociale si convertirebbe in potere politico, portando all’oligarchia. Infatti il sistema politico è usato o praticato di più da chi si posiziona meglio nella società (Nadia Urbinati – Micromega 2014).
Dei tre principali fattori della disuguaglianza, assistenza sanitaria – istruzione – mobilità sociale, l’istruzione, elemento fondamentale della qualità delle risorse umane, è diventato determinante anche per la crescita economica dei ricchi. Poiché la disuguaglianza è fattore disgregante del capitale umano, alle classi ricche potrebbe convenire ridurre la disuguaglianza per proprio interesse (Alacevich-Soci). Un contrappasso economico che non deve meravigliare, dato che da sempre siamo tutti nella stessa barca, come dice Papa Francesco.